La candidatura di Letta, i giornalisti e il “bene del Paese”

Una brutta pagina di politica ma anche di giornalismo. E’ stata scritta tra Bruxelles, Roma e Milano mercoledì 16 luglio quando Antonio Tajani, neoeletto parlamentare europeo nelle liste di Forza Italia, uscendo dalla riunione del Partito Popolare europeo che si teneva nella capitale belga in occasione del vertice Ue, ha detto, off the record, che il Ppe aveva candidato Enrico Letta, esponente italiano dei Socialisti europei, per la carica di presidente del Consiglio europeo al posto di Herman Van Rompuy. I cronisti di agenzie, giornali e telegiornali si sono fidati e hanno dato immediatamente la notizia, senza nessun altro riscontro, ma l’hanno attribuita genericamente a “fonti Ppe”. Si è scatenato il caos, di fronte ad una notizia falsa o perlomeno incompleta. Ben diverso, infatti sarebbe stato se invece che a fonti generiche, la candidatura di Letta fosse stata attribuita alla fonte vera, Tajani, che non ha alcun titolo per proporre un candidato di un altro partito. Poi sono arrivate le smentite e – di nuovo – i sorrisini, come quello di Martin Schulz. Eppure il nome di Letta è finito nei titoli dei quotidiani “perché non si sa mai, se poi lo nominano davvero…” e autorevoli commentatori di casa nostra si sono esercitati per un paio di giorni in analisi, retroscena e congetture su una notizia palesemente falsa, messa nel circuito mediatico da uno che conosce bene i meccanismi dell’informazione, soprattutto quella italiana.

Invece la verità era semplicissima. Tajani, giornalista prima che europarlamentare e commissario Ue, ha fatto il suo gioco con un duplice obiettivo: primo, tendere un trappolone a Renzi proprio mentre questi stava entrando nella riunione con gli altri leader dove avrebbe confermato la decisione italiana di candidare Federica Mogherini per la carica di Alto rappresentante per la politica estera. Secondo – spiegano autorevoli fonti comunitarie – tentare di liberare il posto di Alto rappresentante che può sempre tornare comodo per un esponente del suo stesso partito, magari non italiano. Eppure, nell’intervista di oggi al Corriere della Sera l’ex commissario all’Industria dice di aver fatto tutto “per il bene del Paese”. Con motivazioni risibili: Mogherini è inesperta e la carica di Alto commissario non vale nulla.  

Peraltro, già a fine giugno, sempre a ridosso di un vertice Ue, molti giornali italiani avevano attribuito addirittura ad Hollande e a Cameron la proposta di candidare l’ex premier Letta al vertice del Consiglio europeo. Anche quella volta la notizia si era rivelata una bufala.

Le imboscate e i colpi bassi della politica europea saranno sicuramente più insidiosi della palude romana, come ha scritto qualche commentatore. Ma non sono certo queste le trappole da cui Renzi deve guardarsi. Il giochetto di Tajani probabilmente avrà più di un effetto: renderà meno credibili nuove presunte candidature italiane che non siano avanzate da fonti ufficiali e in prima persona; incrinerà (meglio, ha incrinato) il rapporto di fiducia tra l’europarlamentare italiano, che è anche vicepresidente, e la stampa; e infine, si spera, spingerà noi giornalisti ad essere un po’ meno ingenui e a recuperare un po’ di sana diffidenza nel nostro lavoro.