Ecco perché un giovane su tre è senza lavoro

Segnali di ripresa nel mercato del lavoro, ma solo per gli adulti e in particolare per le donne. Si fa ancora più critica, invece, la situazione dei giovani che hanno sempre maggiori difficoltà a trovare un’occupazione. Venerdì l’Istat ha comunicato i dati provvisori di maggio e quelli del primo trimestre 2011. Le indicazioni che emergono non sono univoche. La caduta dell’occupazione sembra essersi arrestata ed è ricominciata una lenta e timida risalita. Nei primi tre mesi dell’anno il tasso di disoccupazione è sceso all’8,6% contro il 9,1% dello stesso trimestre del 2010. A maggio è risultato ancora più basso (8,1% in lieve aumento rispetto all’8% di aprile). Inoltre, per la prima volta dall’inizio del 2008, si registra una sensibile riduzione dei disoccupati (-5,2%, 118mila persone rispetto al primo trimestre 2010).

Questo però non deve illudere: almeno in parte è l’effetto dell’aumento (+0,9%, 127mila persone) delle persone inattive, coloro cioè che non cercano lavoro o lo fanno senza alcuna convinzione. Sul dato incide tra l’altro l’aumento degli occupati (+0,5% rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso, pari a 116mila persone).

Il vero dato di sofferenza.

«La situazione è meno incoraggiante di quanto potrebbe apparire, anche nel confronto con il resto d’Europa» rileva però Luigi Campiglio, docente di Politica economica alla Cattolica. «In Italia il vero dato di sofferenza è la disoccupazione giovanile che ormai sfiora il 30%».

Tra le persone tra i 15 e i 24 anni era al 29,6% nel primo trimestre 2011 contro il 25,7% dello stesso periodo 2010, e al 28,9% a maggio di quest’anno, in crescita di mezzo punto percentuale rispetto ad aprile. «Tra i grandi paesi – osserva Campiglio – siamo superati solo dalla Spagna, che arriva al 44%, e questo spiega come mai lì i giovani siano andati in piazza». E se al Nord la percentuale resta al 22%, al Sud sale sopra il 40 e addirittura al 46% per le donne. Nel trimestre il tasso di inattività tra i giovani è aumentato dell’1,2% e ha colpito soprattutto i maschi. I giovani, dunque, si confermano «i più vulnerabili all’onda lunga della crisi», come ha sottolineato l’Istat nell’ultimo rapporto annuale. Oltre all’allungamento della vita lavorativa per gli ultracinquantenni, che in una fase di congiuntura debole o negativa ha la conseguenza indiretta di tenere i giovani lontani dal lavoro, pesa molto «il mancato incontro tra i livelli formativi e professionali dei giovani e le necessità delle imprese».

Alle imprese mancano laureati in discipline tecniche e scientifiche.

Di fronte a ciò non si può non ricordare quanto l’Istat ha certificato: sono sempre di meno i diplomati e i laureati in discipline scientifiche e tecniche, da matematica e fisica a meccanica ed elettronica. 56mila unità in meno nel solo 2010. La lieve ripresa generale è trainata dall’industria in senso stretto (escluse cioè le costruzioni).

Per approfondire la questione della disoccupazione giovanile consiglio di leggere le pagine 137-148 del rapporto 2011 dell'Istat.

Gli occupati sono aumentati nel trimestre dell’1,5%. «Un dato positivo – ritiene Campiglio – che beneficia del buono stato di salute dell’economia tedesca, ma non abbastanza robusto da assorbire la lunga coda di giovani in cerca di un lavoro». In prospettiva, «preoccupa quanto è avvenuto dopo il primo trimestre, con un rallentamento generalizzato dell’economia mondiale, provocato tra l’altro dai timori sui debiti sovrani nell’eurozona. Temo che gli effetti sull’occupazione si vedranno nel secondo trimestre». La speranza, secondo l’economista, è che le decisioni europee sulla Grecia e la manovra del Governo possano aiutare a recuperare un po’ di fiducia. Va segnalato il contributo positivo dell’agricoltura che nel trimestre ha registrato una crescita degli occupati dell’1,2%, concentrata al Sud (+4,5%). Nei servizi la crescita è stata dello 0,9% mentre sono ancora in forte sofferenza le costruzioni (-5,3%). Nell’eurozona, infine, il tasso di disoccupazione a maggio è rimasto invariato al 9,9% (10,2% un anno prima). Nell’intera Unione europea è rimasto al 9,3% come ad aprile (9,7% a maggio 2010).