Dopo la Svizzera, torna di moda anche il Principato di Monaco come destinazione (comoda) per mettere al riparo i capitali dal fisco italiano. Il segnale anche questa volta viene dai dati Istat. A ottobre è proseguito se non aumentato l'export di oro greggio (la definizione tecnica dei lingotti) verso la Svizzera, ma a questa classica destinazione se n'è aggiunta un'altra: la Francia.
Il fenomeno è quasi certamente collegato con la predilezione degli italiani per il Principato di Monaco che (come San Marino) non ha barriere doganali e i suoi flussi import-export sono inclusi nell'interscambio con la Francia.
Le vendite di lingotti d'oro dall'Italia verso la Francia hanno contribuito per mezzo punto percentuale sulla crescita complessiva delle esportazioni rispetto a ottobre 2010 (+12,5%). Le ragioni di questa accelerazione non sono soltanto legate alla scarsità di cassette di sicurezza in Ticino, visto che il contributo della Svizzera alla crescita del nostro export è stato ancora più elevato: 0,88 punti percentuali tutti grazie all'oro fisico, a torto o a ragione considerato ancora il bene-rifugio per eccellenza.
Piccola riflessione: considerato che i grandi evasori ormai da tempo tendono a nascondere i propri capitali il più lontano possibile dall'Italia, dagli ispettori del fisco e dalle patrimoniali (un nome per tutti, Singapore), viene il dubbio che la soglia di "fuga" si sia abbassata talmente tanto che si va in Svizzera, nel Principato o negli altri piccoli paradisi fiscali appena fuori la porta di casa anche solo per proteggere il gruzzoletto di famiglia messo da parte per la pensione, per i figli o per i nipoti. Chissà cosa sta succedendo a San Marino…
In ogni caso, convertire in risparmi in lingotti d'oro, oltre ai costi vivi da sostenere per fare l'operazione che possono raggiungere anche il 10%, comporta anche rischi di altro tipo.