Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è sceso in termini correnti del 2%, mentre il potere d'acquisto è diminuito per il quinto anno consecutivo ma con un vero e proprio crollo, pari al 4,7% che segna il calo peggiore dal 1990, inizio della serie storica. Per avere un'idea, nei quattro anni precedenti il calo complessivo era stato di poco superiore al 5%. L'ultimo segno positivo (+1,1%) risale al 2007.
L'Istat ha diffuso oggi i dati aggiornati del 2012 spiegando come anche la propensione al risparmio abbia toccato i minimi da 22 anni. Il 2012 è stato quindi un anno 'nero' per i bilanci delle famiglie italiane, con record negativi sia per la capacità di spesa espressa in termini reali, ormai in diminuzione dal 2008, sia per l'inclinazione al risparmio, definita dal rapporto tra il risparmio lordo e il reddito disponibile, che calando all'8,4% risulta più che dimezzata a confronto con quindici anni prima: nel 1997 la propensione al risparmio era pari al 17,5%, ma era già in rapida discesa: nel 1990 – anno in cui inizia la serie storica Istat – era al 23,4%.
Gli indicatori di fiducia degli ultimi mesi fanno intravedere qualche piccolo segnale di ripresa, ma con la batosta che hanno subito l'anno scorso le famiglie è difficile immaginare una rapida ripartenza dei consumi.
Se incrociamo questi dati con quelli sulla distribuzione del reddito, che mostrano la progressiva concentrazione delle risorse nelle fasce più ricche della popolazione, risulta evidente l'urgenza di adottare in Italia politiche fiscali redistributive, non solo del reddito ma anche delle opportunità. "L'Italia non può più permettersi i costi della disuguaglianza" scrive nel suo ultimo libro ("Chi troppo chi niente") Emanuele Ferragina, ricercatore italiano che insegna Politiche sociali ad Oxford. Un testo che è un progetto per il Paese e che andrebbe portato nei licei e nelle università.