"Indiscutibilmente la politica economica italiana beneficia della credibilità del governo Monti, oltre che della piega che ha preso l'integrazione di bilancio nella zona euro e dell'evoluzione delle condizioni d'intervento della Bce. Il primo risultato del governo è stato probabilmente quello di essere riuscito a coniugare gli sforzi interni di risanamento e di riforma con i benefici della maggiore integrazione e della maggiore solidarietà sulla gestione del debito".
Per l'economista francese il percorso di risanamento dell'economia italiana intrapreso dal governo dei tecnici può diventare un "caso di scuola" a cui gli altri paesi dell'area euro possono guardare come "un bell'esempio, se non proprio come ad un modello", soprattutto per la capacità di superare il dilemma tra rigore e crescita, puntando a correggere gli squilibri permanenti (il debito innanzitutto) che le economie sviluppate non sono in grado di sopportare a lungo e che diventano "una trappola" per la crescita. L'aumento delle esportazioni italiane che sono riuscite a difendere la quota di mercato e il calo della domanda interna sono i segnali del riequilibrio tra consumi e risparmio, "condizione di una crescita reale e a medio termine".
Per contenere gli effetti recessivi e per evitare il rischio di un ritorno ad una politica ostile alla crescita dopo il 2013 - rileva Fabre - l'esecutivo ha fatto in modo che gli effetti più pesanti delle riforme si manifestassero dopo le elezioni: 49 mld nel 2012, 76 mld nel 2013 e 81 mld nel 2014.
E' fuori di dubbio che, mentre in Italia la disponibilità di Monti ad un nuovo incarico dopo le elezioni del 2013 ha gettato nel panico molti a destra e a sinistra e forse anche al Centro, in Europa la paura è proprio che dopo le elezioni non ci sia un Monti-bis.