"Indiscutibilmente la politica economica italiana beneficia della credibilità del governo Monti, oltre che della piega che ha preso l'integrazione di bilancio nella zona euro e dell'evoluzione delle condizioni d'intervento della Bce. Il primo risultato del governo è stato probabilmente quello di essere riuscito a coniugare gli sforzi interni di risanamento e di riforma con i benefici della maggiore integrazione e della maggiore solidarietà sulla gestione del debito".
Era da tempo che un francese non aveva parole così lusinghiere per l'Italia e il nostro governo. Il riconoscimento arriva da Alain Fabre, ex economista della Banca di Francia e di Rothschild e oggi consulente d'impresa, che ha esaminato in un lungo policy paper pubblicato dalla Fondazione Robert Schuman, il lavoro fatto dal governo di Mario Monti ("una sorta di Raymond Barre italiano"), dopo la "svolta" di fine 2011 con l'uscita di scena di un "discreditato" Silvio Berlusconi. Una "svolta" che, insieme all'insediamento di Mario Draghi al vertice della Bce, ha riportato "véritablement" l'Italia in Europa, Non solo per "lo stile 'particolare' del Cavaliere che aveva compromesso la credibilità italiana in Europa, ma anche perché con il suo debito pubblico l'Italia era il punto debole della costruzione europea. "La semplice nomina di Monti – scrive Fabre – è stata vissuta nella zona euro come un fatto di per sé in grado di ridurre le tensioni finanziarie e di facilitare il processo d'integrazione" europeo.
Per l'economista francese il percorso di risanamento dell'economia italiana intrapreso dal governo dei tecnici può diventare un "caso di scuola" a cui gli altri paesi dell'area euro possono guardare come "un bell'esempio, se non proprio come ad un modello", soprattutto per la capacità di superare il dilemma tra rigore e crescita, puntando a correggere gli squilibri permanenti (il debito innanzitutto) che le economie sviluppate non sono in grado di sopportare a lungo e che diventano "una trappola" per la crescita. L'aumento delle esportazioni italiane che sono riuscite a difendere la quota di mercato e il calo della domanda interna sono i segnali del riequilibrio tra consumi e risparmio, "condizione di una crescita reale e a medio termine".
Per contenere gli effetti recessivi e per evitare il rischio di un ritorno ad una politica ostile alla crescita dopo il 2013 - rileva Fabre - l'esecutivo ha fatto in modo che gli effetti più pesanti delle riforme si manifestassero dopo le elezioni: 49 mld nel 2012, 76 mld nel 2013 e 81 mld nel 2014.
E' fuori di dubbio che, mentre in Italia la disponibilità di Monti ad un nuovo incarico dopo le elezioni del 2013 ha gettato nel panico molti a destra e a sinistra e forse anche al Centro, in Europa la paura è proprio che dopo le elezioni non ci sia un Monti-bis.