Il rischio per Parmalat è una pezza peggiore del buco

Opa, holding stile Telco o spezzatino che sia, per Parmalat il rischio è che la pezza sia peggiore del buco. Andiamo con ordine.

L'Opa, ormai molto improbabile, rischia di costare fino a 5 miliardi di euro. Se nessuno era disponibile a scommettere su Parmalat prima che Lactalis uscisse allo scoperto e quando bastavano 700-800 milioni di euro per prendere posizione e tenere lontani gli appetiti dei francesi, figuriamoci oggi. Chiunque - da Ferrero a Intesa Sanpaolo - dovrebbe farlo impiegando una quantità di risorse tale da impedire il futuro sviluppo della società. 

La holding in condominio con i francesi rendererebbe la società difficilmente governabile come dimostrano i casi Edison e Telecom Italia (dove sono presenti gli spagnoli di Telefonica), e comunque con gli italiani in posizione di debolezza senza un partner industriale forte e convinto dell'operazione. Rischia di fare la stessa fine di Alitalia che prima o poi andrà nelle braccia di Air France.

Lo spezzatino, forse, sarebbe la cosa peggiore. Servirebbe solo a salvare le apparenze: la politica potrebbe dire "Parmalat è rimasta italiana". Ma nella realtà vorrebbe dire cedere ai francesi di Lactalis il controllo sulla parte più grossa del gruppo di Collecchio. Il fatturato realizzato in Italia è poco più del 20% rispetto a quello del resto del mondo. Non solo: le attività italiane sono in contrazione (-3% nel 2010) mentre il fatturato complessivo è aumentato dell'8,5%. Il valore di Parmalat è nelle attività internazionali, senza di esse vale poco o nulla. Il risultato sarebbe avere una piccola società nazionale la cui unione con Granarolo sarebbe - quella sì - oggetto di intervento dell'Antitrust e vedrebbe comunque insieme due debolezze e non due campioni, senza grandi risorse per crescere, visto che in teoria solo il 20% circa del tesoretto di 1,4 miliardi in pancia a Parmalat spetterebbe alla parte "italiana".

Non faccio il tifo per i francesi, soprattutto perché ancora una volta hanno dimostrato quanto poco trasparente sia il loro modo di fare. Ma è avvilente constatare che mentre si fanno convegni, articoli, progetti per favorire la crescita dimensionale delle imprese italiane e renderle competitive nel mondo, si pensa di fare lo spezzatino di una che grande lo è già. Una pezza peggiore del buco, appunto, quando solo due mesi fa sarebbe bastato un piccolo rammendo per tenere in Italia il controllo di Parmalat. "una colossale dormita", come ho scritto qualche giorno fa. Il dramma è che si possono fare altri danni, oltre a quelli già fatti. E qualcuno ci sta pure lavorando.

  • claudio baraghini |

    Credo che un imprenditore serio debba avere un progetto industriale serio e a lunga scadenza. Detto questo i cosiddetti capitani coraggiosi degli ultimi anni hanno lucrato sulle societa spogliandole degli assett di maggiora valore, vedi telecom, oppure nella peggiore delle ipotesi scaricando i costi sulla collettivita senza che questa ne traesse il minimo beneficio, vedi alitalia. E il tutto…sigh…con il beneplacito della politica di turno. A questo punto mi chiedo se sia cosi deprecabile attaccare questi parassiti della societa civile che, invece di essere emarginati, continuano ad assurgere al ruolo di grandi attori dell’economia.

  • Vito |

    Giuseppe, siamo d’accordo che sia meglio una azienda Italiana forte a controllo straniero piuttosto che con controllo italiano ma debole. L’obbiettivo è riuscire ad avere una forte azienda a controllo Italiano per evitare che venga smontata e ridimensionata per far spazio all’azienda l’acquista.
    E’ evidente che il governo Francese incoraggia le espansioni della propria imprenditoria e la difende da attacchi ostili.( ha visto la comica risposta di Sarkosy sul tema Lactis?) Con il clima che si respira in Italia gli imprenditori preferiscono non muoversi, si rischia di essere danneggiati dagli Italiani stessi. In Italia è in atto una guerra interna che non risparmia nessuno. Tra le aziende Italiane che potrebbero tranquillamente essere capaci di gestire la Parmalat vedo solo la Ferrero, solida e brillante nell’espansione dei suoi prodotti oltre confine. La Barilla la vedo tranquilla, la Granarolo troppo piccola, i Benetton hanno troppi settori da seguire.
    Lo spezzatino è la cosa peggiore perchè senza una chiara guida si va solo incontro alla ingessatura dell’azienda, e anche su questo punto siamo d’accordo. Do forma alla mia idea di miracolo: la Ferrero, con banche e governo verificano che le potenzialità della Parmalat valgono più di 3 euro ad azione e decidano di mettere mani al portafoglio e acquistare l’azienda(con Lactis a guardare).
    Sogno troppo?? Forse si..

  • giuseppe |

    Gentile Vito, condivido la difesa che fa dell’imprenditore, anche se tendo a stare alla larga dalle generalizzazioni. E comunque, in questa storia, dov’è l’imprenditore che lei – giustamente ma in astratto – difende?
    Quanto allo “spezzatino” di Parmalat, forse non sono stato chiaro, ma ritengo che sia la soluzione peggiore possibile perché vorrebbe dire dare ai francesi la parte migliore dell’azienda e mantenere sotto il controllo italiano la parte meno profittevole e con meno possibilità di crescere operando in un mercato domestico piatto. Tra un’azienda a controllo nazionale ma piccola e debole e una controllata da stranieri ma forte e in espansione, preferisco la seconda. Se è giusto difendere l'”imprenditore”, è giusto farlo a prescindere dalla bandiera. E come imprenditori i francesi hanno fatto la mossa migliore. E’ un peccato, ripeto, ma è così. Vedremo se da qui a giugno si riuscirà a mettere insieme la cordata italiana, sempre che non intervengano i Tribunali o la Ue.

  • Vito |

    La ringrazio per la pronta risposta.
    Vedo che è andato alla ricerca della soluzione alla radice. Ma credo che bisognerebbe andare ancora più in fondo. Viviamo in un paese dove culturalmente l’imprenditore non è un soggetto da preservare perchè crea e distribuisce ricchezza ma da attaccare perchè la ricchezza che lui ha non è giusta, e questa filosofia si sta radicalizzando anzichè estirparsi soprattutto nell’ultimo periodo. A parte la Fiat, che ha fatto scelte giuste e coraggiose nel proprio settore non vedo altri imprenditori pronti a rischiare anche difronte ad una opportunità del genere. Non sanno se il futuro governo/giudici/amministratori sosterranno il progetto o li prenderanno di mira per avere chissà cosa. E i sindacati? Fanno sciopero quando sanno che devono perdere posti di lavoro per poi rifarlo due mesi dopo a posti confermati per ottenere di più paralizzando l’azienda che a fatica va avanti. Quindi gli imprenditori preferiscono stare fermi, visto anche l’entità delle cifre. Tutti fermi a lasciarci depredare dalla Francia che ci toglie le aziende migliori e bombarda il ns. fornitore principale di energia. A parte alcune straordinarie eccezioni, agli occhi di molte persone estere sembriamo dei barboni con talenti da non perdere di vista ma da tenere sempre a distanza.
    Speriamo che lo spezzatino da lei pronosticato non si avveri e che una sana prova di orgoglio accompagnata da una acuta lungimiranza politica e imprenditoriale ricrei le condizioni del “miracolo” di cui noi italiani talvolta siamo capaci.

  • giuseppe |

    rispondo in ritardo per un problema tecnico.
    In ogni caso la mia opinione è che la soluzione migliore ormai appartiene al passato. Banche, imprenditori e governo italiano non avrebbero dovuto farsi sorprendere dai francesi. nella business community milanese il nome di Lactalis circolava dal giorno dell’annuncio dei tre fondi. Nessuno l’ha preso sul serio per settimane. Era risaputo che i fondi a 2,7 – 2,8 euro avrebbero venduto, come è successo. Se Intesa, Mediobanca e un partner industriale solido italiano (tra chi ha ritenuto di non doversi impegnare c’è anche benetton) avessero messo sul piatto 700-800 milioni di euro, facendo capire che c’erano volontà e soldi per mantenere il controllo di Parmalat, credo che difficilmente i francesi avrebbero aperto uno scontro.
    Oggi si può fare molto poco, a meno che non si lanci l’opa che rischia di costare parecchio. In ogni caso non vedo la fila di imprenditori e finanziatori interessati a fare una cosa del genere. Acquistare Parmalat a debito significa privarla delle possibilità di crescita. futura. dal punto di vista industriale preferisco pensare ad un’azienda integra, con liquidità e in grado di espandersi. Purtroppo oggi chi è nelle condizioni di promettere un futuro del genere è solo Lactalis. Non è detto che mantenga le promesse.

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