Perché le agevolazioni Ici alla Chiesa e al no profit. Un privilegio da eliminare?

La questione dell'<<esenzione della Chiesa cattolica dal pagamento dell'Ici>> si presta a molte strumentalizzazioni e a prese di posizione ideologiche che spesso scadono nei luoghi comuni. Per capire meglio come stanno le cose, è bene tentare di liberarsi dai pregiudizi e fare un po' di chiarezza. Un documento molto utile è la lettera che la Commissione europea ha inviato a ottobre 2010 al Governo italiano per notificare l'avvio di una procedura per accertare se l'esenzione sia o non un aiuto di Stato compatibile con le norme comunitarie. A prescindere da questa compatibilità (di cui parleremo dopo) la ricostruzione tecnica serve a chiarire molte cose.

Chi e perché non deve pagare l'Ici. L'esenzione nasce con l'Ici, nel '92 quando con il decreto legislativo 504 del 30 dicembre il Governo Amato esenta dal pagamento dell'imposta <<per gli immobili utilizzati da enti non commerciali e destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, nonché di attività di religione e di culto>> (articolo 7,

comma 1, lettera i). Nel 2005, in seguito ad una sentenza della Corte di Cassazione che escludeva dal beneficio gli immobili destinati ad attività commerciali, un decreto legge (n. 203) convertito nella legge 248 del 2 dicembre dello stesso anno (Governo Berlusconi) precisava che l'esenzione <<si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse>> e l'anno dopo il decreto n. 223, il cosiddetto "pacchetto Bersani" per le liberalizzazioni, durante il Governo Prodi, specificava ulteriormente che l'esenzione del '92 si <<intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera anche se sono di natura commerciale, alla sola condizione che tali attività non abbiano natura esclusivamente commerciale>>. Due interventi con cui legislatore non ha brillato per la volontà di fare chiarezza e che hanno contribuito non poco a creare un'ampia zona grigia per l'applicazione della legge. Cosa non rara, purtroppo, nel nostro ordinamento.

Con una circolare del 2009, inoltre, il ministero delle Finanze ha precisato cosa si intende per enti non commerciali esentati. Ai punti 26,27 e 28 della lettera Ue si trova un lungo elenco che comprende Stato, regioni, province, comuni, camere di commercio… fino alle università, agli enti di ricerca, alle Ong e alle Onlus, passando per le ex Ipab. Chi vuole può approfondire.

Questo prevede la legge italiana. Giusta o sbagliata che sia. Due cose occorre sottolineare: 1) l'esenzione non riguarda solo la Chiesa cattolica, ma tanti altri soggetti, religiosi e non, gran parte dei quali rappresentati dal Forum del terzo settore, ma anche associazioni sportive dilettantistiche, strutture sanitarie e previdenziali, scuole private…; 2) la "zona grigia" creata dagli interventi bipartizan del 2005 e del 2006, ha reso molto complessa l'esazione dell'Ici da parte dei Comuni, i quali – va detto – non si sono impegnati più di tanto per fare un censimento degli immobili davvero esenti e quelli che invece dovevano pagare l'imposta. L'assenza dei controlli in molti casi ha fatto il resto, permettendo a chi comunque non ha voluto pagare di evadere senza conseguenze. Non si può generalizzare, ovvio. E le cronache di questi giorni hanno offerto esempi di segno opposto. Cosa dice la Commissione europea. Alcuni soggetti privati italiani hanno fatto ricorso alla Dg Concorrenza della Commissione europea perché ritengono di essere penalizzati dall'attività di enti non commerciali concorrenti che godono dell'esenzione dell'Ici. Se così fosse, l'esenzione sarebbe incompatibile con le norme europee sugli aiuti di Stato e sul mercato interno.

La vicenda sembrava archiviata dalla precedente Commissione Barroso che rischiava però una condanna dalla Corte di Giustizia. Il dossier è stato dunque riaperto nel corso del 2010 con la lettera richiamata all'inizio. Lettera che lascia aperti alcuni spiragli.

Ai punti 68, 69 e 70 della lettera inviata più di un anno fa al Governo, si lascia aperta la possibilità che l'Italia dimostri la compatibilità dell'esenzione con gli articoli 106 e 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Il governo precedente avrebbe dovuto rispondere da tempo, ma non risulta che a Bruxelles sia arrivato alcunchè. Ora però la questione, intrecciatasi con la manovra del Governo Monti che, tra l'altro, ripristina l'Ici sulle prime case, è arrivata ad un punto di svolta.

La posizione della Chiesa. Le gerarchie hanno lasciato passare più di qualche giorno, nonostante siano state sollecitate, prima di prendere una posizione che non poteva essere diversa da quella espressa venerdì dal cardinal Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana. «Se ci sono punti della legge da rivedere o da discutere, non ci sono pregiudiziali da parte nostra» ha detto il cardinale. Meno disponibile è apparso il portavoce del Forum del Terzo settore, Andrea Olivero nei giorni scorsi, quando il tema non era ancora balzato all'attenzione dell'opinione pubblica: <<Non è un privilegio. Bisognerebbe applicare in  modo rigoroso la legge che c'è, magari correggendo le imprecisioni e le indeterminatezze sui beni promiscui, eliminando le zone d'ombra>>. Olivero parla a nome di una platea molto ampia di soggetti, di area cattolica ma non solo.

Cosa può fare il Governo. Questi i termini della questione. Il problema ora deve essere affrontato dal Governo Monti su due piani: quello europeo perché alcuni immobili esentati potrebbero rientrare nelle "compatibilità" previste dal Trattato Ue, ma bisogna eleminare le "zone d'ombra" per evitare procedure d'infrazione
; e quello interno, valutando se il Paese può ancora permettersi questa esenzione (che vale non più di qualche centinaio di milioni, anche se non ci sono stime ufficiali).  Senza dimenticare, però, che molte attività svolte da soggetti esentati dall'Ici hanno una rilevanza non solo sociale ma anche economica per la collettività che poi dovrebbe farsi carico, della chiusura di una scuola materna, di un pensionato universitario o di una attività sportiva di periferia. Questo non vale – già oggi dovrebbe essere così – per la casa-vacanze della parrocchia milanese in Valtellina o sulla Riviera ligure gestita come un albergo.

A questo punto il dilemma del Governo è questo: chiudere in un colpo solo le polemiche interne e il contenzioso con Bruxelles ed eliminare l’esenzione ma correndo il rischio che alcune attività di interesse sociale siano costrette a chiudere, o ingaggiare una lunga e impopolare difesa di una misura che, se mantenuta, dovrà di sicuro essere messa a punto per azzerare le possibilità di elusione.

Suggerisco di leggere:

questo articolo di Patrizia Clementi, esperta fiscalista della Diocesi di Milano

quest’altro del radicale Mario Staderini sul Fatto quotidiano

i post sul Blog di Sandro Magister che tra l'altro hanno il merito di sfatare molti luoghi comuni.

Interessante anche Famiglia Cristiana sul successo della campagna Web (La Rete abbocca via Facebook)

  • Antonio |

    Sono d’accordo con Monti e vedo con piacere che il suo decisionismo ha portato in 2 giorni a 2 provvedimenti importanti, la rinuncia alle Olimpiadi del 2020 e la tassazione degli immobili a reddito della Chiesa cattolica, due decisioni che certamente i governi precedenti non avrebbero avuto il coraggio di assumere per non scontentare troppi potentati.

  • giovanni |

    Articolo interessante per la parte legata alla ricostruzione storica , molto molto meno nelle conclusioni. Segnalo, a mero titolo di esempio che la frettolosa affermazione per cui l’esenzione ICI “vale non più di qualche centinaio di milioni” è smentita da questo stesso giornale:
    http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-02-16/possibile-gettito-quasi-miliardo-063801.shtml?uuid=AaVjWasE
    Inoltre, se la ratio è quella di evitare la possibile chiusura di strutture socialmente utili, occorrerebbe avallare anche l’evasione fiscale, per evitare che aziende in difficoltà possano chiudere. Ma quindi lo Stato dovrebbe anche accollarsi tutti i debiti delle famiglie di disoccupati o di persone che col loro stipendio non riescono a pagare il mutuo e le altre spese, e così via.
    La soluzione adottata da Monti mi sembra ragionevole: esenzione limitata alla parte destinata al culto, per il resto nessuna esenzione.

  • alfonso |

    Buongiorno. Bellissimo articolo che conferma ancora una volta la chiarezza e trasparenza delle leggi italiane. L’unica cosa su cui non sono d’accordo è paventare addirittura il rischio che alcune attività possano chiudere nel caso in cui siano “costrette” a pagare qualcosa a titolo di ICI. Mi sembra un pò esagerato…

  • Carlo Fontesette |

    Non mi si venga a raccontare frottole! Tra i due interventi, quello del governo Berlusconi del 2005 e quello del governo Prodi dello stesso anno, quello che di fatto sta provocando l’attuale evasione è certamente il secondo, con quella frase sibillina: “alla sola condizione che tali attività non abbiano natura esclusivamente commerciale”. Bravo veramente il nostro Bersani ed il suo pacchetto di liberalizzazioni!

  • Alessandro |

    Ho letto l’articolo di Patrizia Clemente.
    Anche volendo essere oggettivi, la signora o è una incompetente o ci marcia, quando asserisce che il convento-albergo paga l’ICI anche se ha la cappelletta, perchè il decreto n.223 (governo Prodi) dice esattamente il contrario.
    Si guarda poi bene dall’affrontare lo scandalo dell’8 per mille che in maniera incostituzionale viene “regalata” alla Chiesa anche per la parte di contribuenti che non hanno espressamente indicato la destinazione, vale a dire il 50% in più,
    pensando di lasciarli allo Stato.
    Basterebbe non accettarli per coerenza e trasparenza, ma solo I Valdesi hanno rifiutato questa spartizione.
    Perchè allora non adottare il metodo tedesco, per il quale solo i fedeli che desiderano esplicitamente appartenere a una confessione religiosa sono tassati per sovvenzionarla, ed ogni anno decidono se mantenere o meno la donazione.

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