“Circo Barnum” lo ha definito Carlo Petrini, fondatore di Slow Food. Girando tra i padiglioni di Expo questa sensazione ha colto anche me. Mi chiedo quanti visitatori alla fine saranno riusciti a farsi un’idea del senso di questa esposizione universale, a mio avviso racchiuso nella Carta di Milano. Alcuni Paesi e istituzioni hanno interpretato benissimo questo spirito e lo hanno trasferito nei proprio padiglioni. Altri molto meno. Non ho ancora visitato Palazzo Italia (troppa coda) ma di quelli che ho già visto mi sono fatto un’idea tanto da abbozzare una pagella.
Parto dai promossi. Tra questi c’è sicuramente Israele. Attraverso la storia di una ipotetica famiglia, i visitatori (di tutte le età e culture) apprendono come gli israeliani siano impegnati da decenni a strappare terre coltivabili al deserto, con innovazioni tecnologiche non si fermano. Come il “campo verticale”, mille metri quadrati esposti sulla parete esterna del padiglione, coltivati a grano, riso, mais e altri cereali. “Pensiamo che in futuro questo possa essere un modo per produrre risparmiando spazio e tempo” spiega un giovane agronomo dell’azienda produttrice.
Più che bocciato definirei imbarazzante l’EU Pavilion, il padiglione dell’Unione europea, proprio di fronte a Palazzo Italia. Un cartone animato, preceduto da un pre-Show ma senza alcuna spiegazione introduttiva, racconta la storia di un giovane agricoltore, Alex, e di una giovane ricercatrice, Sylvia. Alla fine vissero tutti felici e contenti, ma nessuno ha capito il senso della storia e deve spiegarcelo una delle volontarie: tradizione e innovazione fanno bene al pianeta e all’umanità. E l’Europa dov’è? Non c’è. Solo qualche schermo touch prima di lasciare l’edificio con quiz sulla storia e sull’economia dell’Unione europea. Neanche una parola sulle politiche europee legate a cibo e alimentazione che sono strettamente connesse al tema di Expo: politica agricola, politica regionale, tutela dei consumatori e tutela della salute, ma anche concorrenza, mercato interno… Insomma, Expo è un’occasione incredibile per avvicinare le persone all’Europa, in un momento in cui l’Europa ha bisogno della fiducia dei cittadini. A me rimane il sapore di una grande occasione persa. Questo è il vero fallimento dell’Expo. Si può ancora rimediare, non è difficile e non è una questione di budget.