Proporre la modifica dell’articolo 41 della Costituzione sulla libertà d’impresa non servirebbe a raggiungere gli scopi dichiarati. E’ solo un messaggio ideologico che viene da chi sa di non poter realizzare una politica economica conforme a certe aspettative e a certe promesse di liberalizzazione e di apertura del mercato. Il giudizio netto è di Valerio Onida, presidente emerito della Corte costituzionale. Al festival dell’economia di Trento si doveva discutere, in uno dei tanti tavoli, di cosa non va nell’articolo 41 della costituzione che il Governo potrebbe modificare. Ma alla fine anche Alessandro De Nicola, presidente della Adam Smith Society, che avrebbe dovuto sostenere le posizioni di chi vuole modificare il testo dell’articolo, non ha avuto problemi a dire che della proposta del Governo “non si è parlato perché nessuno dei presenti la ritiene dignitosa”. Alla fine, l’unica modifica che per De Nicola sarebbe accettabile è la trasposizione dell’articolo 3 del trattato di Maastricht diventato poi trattato europeo. “La conseguenza sarebbe che tutte le leggi che impongono lacci e lacciuoli alla libertà d’impresa e impediscono la concorrenza diventerebbero incostituzionali e la Consulta sarebbe sommersa dai ricorsi”. La libertà d’impresa, secondo De Nicola, assumerebbe pari dignità delle altre libertà individuali. Di altre modifiche “meglio non parlarne” perché il rischio è che mettendo mano al testo attuale venga fuori un pastrocchio. Posizione, questa, condivisa anche da Rebecchini, voce dell’Antitrust. “Il vero obettivo – secondo Onida – è conciliare democrazia libertà e eguaglianza. Chiediamoci cosa serve per raggiungere questo obiettivo. Invece, siccome non si riesce a fare le cose vere, ci si combatte a colpi di slogan e cambiare l’articolo 41 è solo uno slogan”.
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