Si avvicina la chiusura del contenzioso di Intesa Sanpaolo con la giustizia statunitense per violazione delle regole sull'embargo da parte della filiale di New York. La cautela è d'obbligo, ma secondo più fonti, dopo quasi tre anni e mezzo, i tempi sono maturi per la definizione – con una multa che si preannuncia pesante – della vicenda che risale al 2008. Probabilmente già nel corso dell'estate e comunque entro l'esercizio 2011.
Per la banca italiana si profila una transazione che, se fosse analoga a quelle chiuse dagli altri istituti europei già colpiti dalla Procura distrettuale di New York, potrebbe costare una maxi-multa di qualche centinaio di milioni di dollari. Al momento, comunque, l'istituto guidato da Corrado Passera inserisce il procedimento Usa tra quelli «per i quali è previsto un esito negativo remoto o non quantificabile» perciò, in linea con i principi contabili, non ha effettuato accantonamenti nel fondo rischi, come precisa il prospetto per l'aumento di capitale. Intesa, che sin dall'inizio della vicenda ha offerto piena collaborazione agli inquirenti, non ha voluto fare commenti.
«Ancorché sia teoricamente possibile una definizione concordata… le informazioni disponibili non consentono di formulare previsioni sui tempi, sull'esito e sul quantum dell'eventuale sanzione» afferma la banca negli ultimi documenti ufficiali pubblicati. La soluzione concordata, con multa, serve ad evitare il processo che nell'ipotesi peggiore potrebbe portare alla chiusura della filiale di New York. Quattro delle altre banche coinvolte sono già arrivate alla transazione.
Finora la multa più salata è stata inflitta a Credit Suisse, 536 milioni di dollari. Royal Bank of Scotland ha pagato 500 milioni per le attività irregolari di Abn Amro, Loyds Tsb 350 milioni e Barclays 298 milioni. Oltre a Intesa, devono definire le proprie posizioni Deutsche Bank e Hsbc.
Oltre all'indagine penale, i documenti chiariscono che è in corso anche «un provvedimento amministrativo avviato a marzo 2007 dalle autorità di vigilanza bancarie statunitensi in relazione ad alcune debolezze rilevate nel 2006 sui sistemi di antiriciclaggio della filiale di New York». Su questo punto, Intesa Sanpaolo precisa nei documenti che le procedure sono state rafforzate ed è stato ingaggiato un consulente indipendente per verificare eventuali violazioni delle norme Usa su embargo e antiriciclaggio.
Tutto nasce da un'inchiesta dell'Ofac (Office of Foreign assets control, dipartimento del Tesoro Usa) su dieci banche sospettate di aver violato norme antiterrorismo varate dopo l'11 settembre 2001. L'accusa è di aver agevolato trasferimenti di denaro verso banche di paesi sotto embargo, Iran in particolare, nascondendone i nomi.
Le imprese italiane hanno pagato e stanno pagando pesanti conseguenze per l'indagine: Intesa, come molti altri istituti di credito, ha tagliato ogni rapporto con soggetti iraniani e gli imprenditori incontrano moltissime difficoltà ad incassare i pagamenti.