Perché i titoli di Stato inglesi pagano, a dieci anni, un rendimento inferiore al 2,2%, solo una ventina di punti base in più rispetto ai fortissimi bund tedeschi? E perché il premio sui CDS del Regno Unito è di appena 96 centesimi addirittura inferiore ai 101 che deve pagare chi vuole assicurarsi sul rischio-Germania? Uno sconto che non si giustifica, insieme alla tripla A concessa a Londra dalle agenzie di rating, visti i fondamentali economici profondamente diversi dei due Paesi.
La differenza resta anche se il confronto viene fatto con l’intera zona euro. Non solo per la la crescita (2,9% nel 2011 in Germania e 1,5 nell’eurozona contro lo 0,7% del Regno Unito) ma anche l’inflazione al 4,3% a Londra e al 2,6 nell’area euro e al 2,4 in Germania. Per non parlare del deficit, peggiore anche di quello spagnolo, e del debito che in rapporto al Pil l’anno prossimo dovrebbe sfiorare l’89%. Nel confronto neppure l’Italia sfigurerebbe, se non fosse per l’enorme debito che si porta dietro. A Bruxelles si stanno chiedendo se questo meccanismo, in cui il ruolo delle agenzie di rating non è affatto indifferente, non comporti una forte distorsione del mercato interno (di cui fa parte anche il Regno Unito), con conseguenze pesanti sul funding degli Stati ma anche delle famiglie e delle imprese.
Dopo il flop della proposta troppo ambiziosa di Barnier per imbrigliare le agenzie, bisognerà tornare alla carica con obiettivi più realistici ma con determinazione.