Un colpo di acceleratore sui project bond è quello che ha chiesto all'Europa il presidente del Consiglio, Mario Monti, nel colloquio con Il Sole 24 Ore pubblicato domenica 8 gennaio. Deve servire per catalizzare, prima possibile, le risorse necessarie a finanziare un imponente piano di infrastrutture di cui l'Unione ha bisogno, dalle grandi reti di trasporto e per l'energia, alla banda larga nelle telecomunicazioni, e così assicurare carburante per la crescita dell'economia «essenziale per l'occupazione e per la stessa disciplina di bilancio».
Ma cosa sono i project bond? Di sicuro non sono la bacchetta magica di cui l'economia europea e quella italiana in particolare avrebbero bisogno per uscire rapidamente dal tunnel della recessione in cui sono rientrate. Sono emissioni obbligazionarie legate a un progetto il cui rendimento e il rimborso dipendono dai flussi finanziari generati dal progetto stesso. Si tratta, perciò, di uno strumento finanziario sicuramente utile a convogliare risorse private sui grandi progetti, mentre le casse di molti Stati sovrani sono svuotate da debiti pubblici insostenibili. Ma è comunque uno strumento che ha bisogno di un po' di tempo per diventare operativo su vasta scala e produrre effetti concreti sull'economia reale. Servono almeno un paio d'anni, considerato che la "fase pilota" è stata avviata dalla Commissione europea solo a ottobre 2011, durerà fino a tutto 2013 e in ogni caso deve essere ancora approvata dal Consiglio e dall'Europarlamento. Perciò appare ancora più giustificata la sollecitazione di Monti ai partner europei, considerato anche che gli investimenti messi in moto dai project bond riguardano opere infrastrutturali la cui realizzazione richiede alcuni anni. Un modo, però, quello di Monti, di guardare un po' più in là di come troppo spesso la classe politica è tentata di fare, con quella "veduta corta" che un altro ministro-tecnico, Tommaso Padoa Schioppa, rimproverava a politici e amministratori.
La proposta della Commissione Ue. L'iniziativa pilota sui project bond è stata elaborata dalla Commissione europea insieme alla Banca europea degli investimenti (Bei) ed è stata presentata il 19 ottobre scorso. Ora il Consiglio, cioè gli Stati membri della Ue, deve farla propria. Intanto la Bei comincerà a preparare una lista di progetti che potrebbero essere finanziati con i project bond una volta che questi saranno operativi. Questa prima fase si chiuderà con l'avvio delle prossime Prospettive finanziarie Ue 2014-2020, nelle quali i project bond – questo è l'obiettivo della Commissione guidata da José Barroso – dovrebbero essere pienamente integrati. Il primo obiettivo della fase-pilota però è quello di mettere in campo politiche di crescita efficaci, permettendo anche agli operatori finanziari di familiarizzare con una nuova classe di obbligazioni che trova già qualche applicazione concreta nelle operazioni finanziate dalla Bei, ma ha una diffusione irrilevante dal punto di vista del mercato.
Una prima applicazione concreta dei project bond, nella proposta della Commissione Barroso, riguarda le reti transeuropee di trasporto e di energia (TEN-T e TEN-E) e il Programma quadro per la competitività e l'innovazione. I fondi stanziati dalla Commissione per questi progetti, in tutto 230 milioni di euro, verrebbero utilizzati per garantire il portafoglio dei finanziamenti erogati dalla Bei. In pratica, il finanziamento viene diviso in più tranche, con livelli di rischio diversi. La Bei sottoscriverebbe i titoli a maggior rischio. Per coprire questo "consumo di capitale" della Bei, che resta comunque una banca, interviene la Commissione che si accolla la maggior parte delle prime eventuali perdite. Questo meccanismo di risk sharing permetterebbe di migliorare il rating dell'emissione, riducendo i costi del finanziamento e soprattutto attirando investitori privati. La Bei e l'esecutivo Ue stimano un moltiplicare di 15-20 volte l'importo impegnato dalla Commissione: nel caso specifico 4,6 miliardi per una voce di bilancio di 230 milioni. Nella fase pilota i progetti "eleggibili", che possono cioè essere sostenuti con l'emissione di project bond, non saranno più di una decina, scelti tra quelli il cui processo di finanziamento è in fase avanzata o la cui realizzazione è già iniziata ma è necessario un rifinanziamento. I project bond sono destinati a investitori istituzionali con un orizzonte di lungo termine e con vincoli di portafoglio sul rating degli investimenti: fondi pensione e associazioni in primo luogo. Secondo la Commissione, inizialmente saranno soprattutto soggetti europei, ma è prevedibile che ci sia interesse anche da parte di investitori istituzionali nordamericani e da vari fondi sovrani.
Un'ultima cosa: i project bond non c'entrano nulla con gli eurobond, emissioni congiunte di debito pubblico degli Stati membri della zona euro. Sempre che la Germania accetti la proposta.