E’ costata un milione di euro alle casse della Regione Calabria l’operazione a dir poco avventata realizzata negli ultimi mesi del 2015 dall’ormai ex presidente della finanziaria regionale, la Fincalabra, Luca Mannarino, su un pacchetto di fondi europei. L’operazione, descritta con dovizia di particolari dal Corriere della Calabria e portata alla luce i primi di gennaio dal nuovo consiglio di amministrazione della finanziaria di cui è azionista unico la Regione, consisteva nell’investimento di 47 milioni di euro di fondi comunitari 2007-2013 in fondi comuni di varie classi di rischio. Si tratta di risorse anticipate dalla Commissione europea, che la Regione aveva concesso in gestione a Fincalabra affinché le utilizzasse per il Fondo unico di ingegneria finanziaria. In sostanza, erano destinati non a sovvenzionare le imprese a fondo perduto ma a confezionare strumenti finanziari rotativi in grado di generare un effetto moltiplicatore dei fondi Ue: soprattutto garanzie per agevolare l’accesso al credito per le Pmi, ma anche partecipazioni azionarie nelle start-up, altro capitale di rischio, prestiti e assistenza tecnica. Rientra tra le attività tipiche di Fincalabra ed è un modo per utilizzare più volte e a vantaggio di un maggior numero di imprese le stesse risorse. E’ ciò che su scala molto più ampia fa la Bei ed è lo stesso principio in base al quale il Piano Juncker punta ad attivare nella Ue 315 miliardi di investimenti privati e nazionali partendo da una base di 22 miliardi di risorse Bei e del bilancio Ue.
“I fondi sono stati disinvestiti – ha spiegato l’attuale presidente di Fincalabra, Carmelo Salvino, nominato a inizio dicembre 2015 – con costi di circa un milione e mezzo di euro tra commissioni di uscita e perdite sul capitale investito”. Altre fonti della Regione parlano di circa un milione, ma la differenza conta poco. Ciò che conta è l’assurdità di quanto è accaduto, anche alla luce dei vincoli che Fincalabra è tenuta a rispettare nei confronti della Regione per la gestione dei fondi.
Spiega un funzionario della Dg Politiche regionali della Commissione europea: “Noi trasferiamo i fondi alla Regione per fare interventi di ingegneria finanziaria per le piccole e medie imprese; la Regione li gira ad un intermediario specializzato, in questo caso Fincalabra; i fondi sono considerati spesi correttamente per noi solo se si traducono in operazioni per le Pmi. Nel frattempo l’intermediario decide il miglior modo per gestire la sua tesoreria in attesa di impiegare i fondi concretamente in favore delle Pmi. Quindi se la gestione di tesoreria è stata incauta, Fincalabra paga le penali (a suo carico). Se i fondi non vanno alle Pmi, dovranno essere restituiti alla Regione e, in assenza di altri usi accettabili, alla Ue”.
Dunque il rischio è che Bruxelles si riprenda i 47 milioni e alla Regione resti da pagare il conto delle penali e delle perdite. “La spesa dei fondi per gli strumenti di ingegneria finanziaria – spiega un esperto – è potenzialmente ammissibile fino al 31 marzo 2017 ma di fatto bisogna chiudere le operazioni entro settembre-ottobre di quest’anno, in modo da poter rendicontare tutto entro marzo successivo”. Per le altre risorse Fesr, Fse e Feasr 2007-2013 il termine di spesa è scaduto il 31 dicembre scorso. Visto in questi termini, l’investimento deciso a luglio e realizzato a settembre 2015 da Fincalabra comportava qualche rischio finanziario di troppo, soprattutto alla luce dell’estrema volatilità dei mercati finanziari. Tutto ciò – va detto – a fronte di rendimenti attesi più alti di quelli garantiti – di questi tempi – dai titoli di Stato.
Negli ultimi due anni la Calabria ha fatto un salto di qualità innegabile nell’utilizzo delle risorse europee, o quanto meno nella spesa, e le autorità regionali si dicono certe di riuscire ad evitare di perdere i fondi in questione. I regolamenti consentono qualche margine di flessibilità per evitare il “disimpegno automatico” e dirottare le risorse a copertura di altre spese già realizzate e che possono rientrare nel Programma operativo regionale. Ma il rischio non si può ancora escludere del tutto. Quanto alle perdite sul capitale e alle penali pagate alla banca, Fincalabra sta valutando di aprire un contenzioso per il risarcimento poiché si tratterebbe di prodotti inadeguati al profilo di rischio del sottoscrittore, cioè la finanziaria regionale. “In ogni caso – afferma Salvino – oltre ad aver deliberato l’azione di responsabilità nei confronti dei precedenti amministratori, abbiamo presentato un esposto alla Procura della Repubblica e uno alla Corte dei conti”.
Abbiamo tentanto di contattare l’ex presidente della Fincalabra, Luca Mannarino (commercialista e tesoriere di Forza Italia Calabria)
nominato – con polemiche sui requisiti – a metà 2014 dalla giunta di centrodestra uscita di scena qualche mese dopo. Sarebbe utile avere la sua versione dei fatti per capire la logica di un’operazione che a Bruxelles definiscono con prudenza e diplomazia “un uso molto incauto della tesoreria” e in ogni caso “da verificare”. Mannarino, che potrebbe dover rispondere di danno erariale, è irraggiungibile: la mail e il telefono dello studio sembrano disattivati e il cellulare squilla a vuoto. In assenza di spiegazioni e considerate le sue competenze professionali anche in materia di fondi comunitari, quello che è accaduto ha tutta l’aria di una “polpetta avvelenata” lasciata in eredità alla nuova amministrazione regionale di centrosinistra che, in virtù dello spooling system, gli stava preparando il ben servito. I tribunali diranno se è stato avventato chi ha investito i fondi o chi li ha disinvestiti. Ciò che non è giusto né accettabile è che a farne le spese siano le piccole imprese calabresi e i contribuenti.