Grecia: la prima mossa di Tsipras per riprendere il negoziato dopo il “trionfo” della democrazia

Le dimissioni di Yanis Varoufakis da ministro delle Finanze sono il primo passo verso la ripresa dei negoziati tra il governo greco e i suoi creditori. Un primo passo molto significativo perché, nonostante la dilagante vittoria dei “no” al referendum di ieri, dimostra che il primo ministro Alexis Tsipras è consapevole di due cose. La prima è che il larghissimo consenso popolare raccolto  in patria non gli conferisce automaticamente più forza nelle trattative con la Troika; anzi, il solo fatto che il referendum sia stato indetto ha molto irritato gli interlocutori ai quali, dunque, ha dovuto offrire un sacrificio: la vittima è stata l’eccentrico ormai ex ministro considerato da tempo ospite indesiderato nei vari consessi europei e non solo. La seconda consapevolezza di Tsipras è che nei cinque mesi di negoziato anche i greci hanno compiuto molti errori. E Varoufakis, che – almeno fino a poche settimane fa – ha guidato le trattative, è stato considerato non tanto un capro espiatorio ma il principale responsabile.

Con l’Euro-summit di martedì il confronto riparte al massimo livello ma, se davvero si vuole arrivare ad un accordo nel giro di pochi giorni per evitare ulteriori disastri, la base di partenza non potrà che essere tra l’ultima proposta dei creditori pubblicata dalla Commissione il 28 giugno e le contro-proposte di Tsipras inviate la notte del 30 giugno, fuori tempo massimo per evitare il default con il Fondo monetario. Tra questi due assunti negoziali si dovrà cercare il compromesso.

A meno che non prevalga il realismo (accompagnato da una dose di coraggio), si riconosca reciprocamente che il debito di Atene non è rimborsabile e i creditori procedano ad un sostanzioso haircut in cambio di riforme vere. A nessuno piace perdere sovranità e indipendenza ma questo è il rischio che corre chi si indebita oltre le proprie capacità di rimborso. A nessuno piace rinunciare ai propri crediti, ma prima di concederli è bene verificare l’affidabilità del debitore.

 P.S.

L’Italia è esposta per almeno 35 miliardi nei confronti della Grecia. Secondo alcune stime anche di più. Ma prendendo per buona la cifra ufficiale del ministero e senza contare l’esposizione della Bce, significa che ogni cittadino italiano ha all’incirca un credito di 600 euro nei confronti della Grecia. Molti di coloro che hanno celebrato il trionfo della democrazia dopo l’esito del referendum storceranno il naso, ma mi sono chiesto: se in Italia, come in ogni altro paese creditore, venisse indetto – democraticamente – un referendum per chiedere agli elettori se sono disposti a rinunciare a questo credito, ovviamente rimborsando attraverso una Greek-tax lo Stato italiano che ha anticipato il prestito, vincerebbe il Si o il No?