Che cos’è l’Expo? “Mafia, appalti e corruzione” è stata la risposta di uno studente del terzo anno di un liceo milanese, qualche giorno fa, durante un incontro di un paio d’ore organizzato da una associazione di volontariato per spiegare nelle scuole il senso di questo evento “universale” che da maggio a ottobre si svolgerà a Milano. Nelle scorse settimane sono state alcune centinaia gli studenti che ho incontrato per tentare di spiegare il senso di Expo. Questa risposta è la sintesi più disarmante della percezione che i ragazzi, e presumibilmente anche molte delle rispettive famiglie, si sono costruiti nel corso di anni di “avvicinamento”.
Penso che sia un vero peccato. Le responsabilità sono solo in parte del sistema dell’informazione, “dei giornalisti” che – giustamente – non possono rinunciare al loro ruolo di “guardiani” della cosa pubblica e denunciare le cose che non vanno. Il risultato però è che la convinzione che si è radicata è quanto di più populistico e demagogico si possa immaginare. Ho cercato di spiegare ai ragazzi che se in una scuola c’è una piccola percentuale di studenti raccomandati, va denunciato e considerato inaccettabile e perciò da additare come comportamento indegno e indecente, una cosa di cui vergognarsi. Ma questo non significa che “tutti” gli studenti di quella scuola siano da considerare raccomandati.
Un’altra buona parte delle responsabilità credo vada addebitata a chi, del grande apparato Expo, non ha saputo – finora – comunicare all’opinione pubblica il senso della manifestazione e soprattutto di cosa si parlerà nei prossimi sei mesi. Per quanto sia comprensibile che l’attenzione sia stata concentrata sulla preparazione delle opere materiali nella “piastra” alla periferia di Milano, l’importanza dell’evento sarà soprattutto legata alla “eredità immateriale” che Expo 2015 lascerà non solo all’Italia ma al mondo intero.
La “Carta di Milano”, che ha la pretesa di diventare per il cibo e per l’alimentazione ciò che il Protocollo di Kyoto ha rappresentato per l’ambiente, è ancora in embrione. Se ne è parlato solo nell’incontro del 7 febbraio all’hangar Bicocca, quando peraltro la copertura giornalistica ha riguardato molto le presenze istituzionali e politiche e poco i contenuti. Il motivo è abbastanza semplice: capire e poi spiegare i temi di cui si discute nei 42 tavoli è più difficile e meno “remunerativo” in termini di relazioni che non titolare sulla frase del presidente o del politico di turno. La conseguenza è che il lettori, l’opinione pubblica, continuano a non capire di cosa si sta parlando e pensano che l’Expo sia solo una grande fiera, una sorta di sagra globale, dove si può andare a “comprare un pacco di pasta tipica”, per citare un altro studente.
Allo stesso modo si ignorano le ragioni che, nel 2007, hanno spinto l’Italia e Milano a proporsi come paese organizzatore con il tema “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”.
Venerdì 27 e sabato 28 marzo a Firenze si svolge una due giorni in cui, a giudicare dal programma, si parlerà “anche” di questo. L’occasione è importante, ma c’è il rischio che la troppa carne al fuoco e soprattutto i troppi “protagonisti” invitati diluiscano eccessivamente i contenuti, confondendoli nel solito minestrone di “dichiarazioni a margine”, che riempie pagine di giornali e servizi televisivi ma non aiuta a capire.
Ecco, tra le decine di appuntamenti, tavoli e confronti, le cose che – a giudicare dal programma – secondo me può valere la pena di seguire, nella giornata di SABATO:
– Al termine della mattinata, dopo un confronto tra giovani imprenditori agricoli italiani, Romano Prodi (che dal 2008 presiede il Gruppo di lavoro ONU-Unione Africana sulle missioni di peacekeeping in Africa) parlerà di “geopolitica del cibo“.
– subito dopo verrà trasmesso un video di Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace, “verso la Carta di Milano”.
– Sempre nella mattinata di sabato si incontreranno i relatori dei tavoli di Expo Idee per un punto sulla Carta di Milano, coordinato da Salvatore Veca, Presidente di Lab-Expo Fondazione Feltrinelli. Dell’argomento si parlerà anche in un incontro pubblico con lo stesso Veca e il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina.
L’auspicio è che tutto ciò che verrà fuori non rimanga relegato negli “atti del convegno”, ma si traduca in messaggi di comunicazione in grado di coinvolgere più persone possibile.
Molti ripetono, senza sapere perché, che “l’Expo sarà un fallimento”. Sarà vero fallimento se non si riuscirà a trasmettere ai cittadini i contenuti di questo evento globale.