Dunque, prima di prendere decisioni affrettate, Federica Mogherini e il premier Renzi farebbero bene a verificare se non sia il caso di esaminare anche i curricula di chi ha abbastanza dimestichezza con le trappole e i trabocchetti dei palazzi europei. Nell’interesse del paese.è
Oggi, 10 settembre, a mezzogiorno Jean-Claude Juncker comunicherà gli abbinamenti dei 26 commissari europei con i portafogli di competenza. A Bruxelles giurano che ci saranno diverse sorprese rispetto alle indiscrezioni della vigilia e non si fa fatica a crederlo se le voci circolate nei giorni scorsi sono state messe in giro con gli stessi sistemi con cui a giugno e luglio si leggeva (per la verità solo in Italia) che Enrico Letta fosse sostenuto da Cameron e da Hollande o che la poltrona di Alto rappresentante per la politica estera fosse destinata senza incertezze a Massimo D’Alema.
Sappiamo come è andata: Federica Mogherini sarà la nuova responsabile per la politica estera dell’Unione e primo vice presidente di Juncker. A questo punto si apre un nuovo capitolo per la quasi ex ministra degli Esteri che, nelle intenzioni del Governo e nella prassi consolidata della Commissione, seguirà i dossier di sua competenza (spesso lontano da Bruxelles) ma dovrà essere anche attenta alle vicende italiane tutte le volte che il collegio dei commissari dovrà decidere su questioni che riguardano il Paese. A cominciare dal nodo della flessibilità sui conti pubblici, argomento che sarà sul tavolo poche settimane dopo l’insediamento quando, a novembre, la nuova Commissione dovrà esprimersi sulla Legge di stabilità.
Non a caso proprio questo argomento era stato messo in evidenza da coloro che (pur di non avere la Mogherini) avrebbero preferito per l’Italia un portafoglio meno importante ma che tenesse il membro italiano della Commissione inchiodato a palazzo Berlaymont dove ha sede l’esecutivo europeo.
Ma non è detto che un Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione non possa seguire anche le questioni che riguardano il proprio Paese. Perciò diventa strategica la formazione della squadra che può essere molto preziosa anche in questo lavoro. Il gabinetto dell’Alto rappresentante è composto da 11 persone (12 quello del presidente e 6 quelli degli altri commissari).
Secondo le voci che girano da qualche giorno nei corridoi di Bruxelles, Federica Mogherini vorrebbe portare come capo di gabinetto Ettore Francesco Sequi, che ricopre lo stesso ruolo alla Farnesina. Alle voci si accompagnano le perplessità di chi teme che l’unico rappresentante italiano in Commissione non abbia accanto persone abbastanza navigate per muoversi – sin da subito – con la scaltrezza necessaria nei labirinti delle procedure e dei regolamenti comunitari, anche per seguire con la dovuta attenzione le questioni italiane. Se questa fosse la scelta, infatti, il vice capo di gabinetto dev’essere “preferibilmente” di nazionalità non italiana.
Il ragionamento non deve scandalizzare: lo fanno tutti, a cominciare dai tedeschi che piazzano nei posti strategici i propri uomini: il capo di gabinetto “scelto” da Juncker è il tedesco Martin Selmayr che succede al connazionale Johannes Laitenberger, angelo custode del presidente uscente Barroso. E dove è andato Laitenberger? A fare il guardiano dei bilanci nazionali (anche quello italiano) al Servizio giuridico, a capo di una direzione generale ritagliata su misura per lui già ad ottobre 2013.
Di italiani con solida esperienza comunitaria in grado di far sentire con autorevolezza anche la voce degli interessi nazionali nella routine dei lavori settimanali della Commissione tutte le volte che sarà necessario ce ne sono diversi, a cominciare da quelli che hanno maturato esperienza nell’esecutivo uscente. C’è per esempio Valentina Superti, ex capo gabinetto aggiunto di Antonio Tajani e appena nominata direttore: non l’aiuta (forse) il fatto di aver lavorato con un esponente del centro-destra, ma è molto stimata. Tra i nomi femminili c’è quello di Elisabetta Righini, avvocato di diritto internazionale e membro del gabinetto del socialista Joaquin Almunia, dove si occupa di aiuti di stato.
Ci sono poi Stefano Grassi, capo unità aggiunto al Segretariato generale ed ex consigliere per gli affari europei di Enrico Letta; Agostino Miozzo, managing director SEAE (il Servizio europeo per gli affari esterni che lavora per l’Alto rappresentante); Fernando Gentilini, rappresentante speciale della Ue in Kosovo; Lucio Gussetti, direttore Relazioni esterne Politica Estera del Servizio giuridico della Commissione; Nicola De Michelis, attuale capo di gabinetto aggiunto del commissario per le Politiche regionali Johannes Hahn (che gestisce i fondi Fesr di cui l’Italia è il secondo beneficiario dopo la Polonia ma uno dei peggiori utilizzatori). Nel gabinetto Barroso, infine, c’è Arianna Vannini che ha già lavorato con Mario Monti e con Antonio Tajani.