L’Alto rappresentante per la politica estera Ue «dovrà agire di concerto con i commissari europei che si occupano del commercio, dello sviluppo, degli aiuti umanitari e della politica di vicinato». Questo significa che dovrà «giocare pienamente il suo ruolo all’interno del collegio dei commissari. Perciò ho intenzione di dare agli altri commissari che hanno relazioni extra-Ue il potere di supplire l’Alto rappresentante, nelle riunioni del collegio e sulla scena internazionale». Ieri Jean Claude Juncker non solo ha tracciato l’identikit del nuovo “ministro degli Esteri” Ue (una «personalità rispettata e sperimentata») ma ha anche disegnato un ruolo più forte all’interno delle istituzioni comunitarie, perché possa utilizzare tutti gli strumenti di politica estera disponibili «in modo più efficace di quanto si è visto negli ultimi mesi». Oltre alla critica feroce alla baronessa Ashton, nelle parole di Juncker c’è dunque l’idea di costituire all’interno della Commissione un gruppo di commissari che hanno relazioni con soggetti esteri, guidato e coordinato dall’Alto rappresentante. Se, insieme a questo disegno, si concretizzasse oggi anche la nomina di Federica Mogherini, allora sarà fondamentale – per l’unico esponente di peso italiano a Bruxelles – la scelta dei collaboratori, a cominciare dal capo di Gabinetto, vero regista nella gestione dei dossier nella routine dell’esecutivo europeo. Per muoversi con sicurezza negli euro-labirinti sarà bene avere la guida giusta, anche perché è vero che Juncker ieri ha rilanciato il “metodo comunitario”, ma questo non significa che nelle riunioni settimanali, l’Italia debba rinunciare ad avere una voce autorevole per difendere le proprie posizioni anche quando l’Alto rappresentante sarà lontano dalla capitale europea.
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