Capitali in fuga. In lingotti d'oro e verso la Svizzera. Non ci sono dubbi sull'origine del vero e proprio exploit delle esportazioni di oro greggio non monetario (definizione tecnica per indicare sostanzialmente i lingotti) a partire da agosto, con un'ulteriore impennata a settembre e confermato a ottobre. L’oro fisico come il vecchio materasso, ma anche ben nascosto agli occhi inquisitori del fisco italiano.
Il flusso è talmente importante che negli ultimi tre mesi la Svizzera è al primo posto per la crescita delle esportazioni italiane: tra il 30 e il 40% complessivo. La forza della nostra manifattura non c’entra. Il risultato è stato raggiunto – dicono senza ombra di dubbio i numeri dell’Istat – solo grazie alle performance dell’oro in lingotti: +141,3% ad agosto in valore rispetto ad un anno prima, +157,7% a settembre. Non è ancora disponibile il dato disaggregato di ottobre, ma a giudicare dai flussi totali verso la Svizzera, il fiume d’oro, alimentato dalle crescenti incertezze sulla tenuta dei conti italiani e dell’intera zona euro, non si è per nulla interrotto.
Solo in settembre hanno valicato le Alpi più di 13 tonnellate di lingotti, quasi il doppio rispetto a settembre 2010 e della media dell’ultimo anno. "La crescita era iniziata già a metà del 2010 ma ora è letteralmente esplosa" hanno spiegato a questo blog diversi intermediari e fiduciarie che operano a Lugano. E basta fare un breve giro nella città ticinese per comprendere che accanto a questo flusso ufficiale ce n’è un altro, parallelo, ma non registrato dalle statistiche nazionali, fatto di trasporti più o meno piccoli, non quantificabile. "Entrambi sono alimentati dall’incertezza sulla tenuta dell’euro e dal tentativo di proteggere il capitale. Il primo è alla luce del sole e molto spesso riguarda il ritorno in Svizzera di capitali che avevano beneficiato dello scudo fiscale. Il secondo no". A comprare, infatti, "sono cittadini italiani" assicurano le fonti, con il duplice scopo di sottrarre capitali alla probabile imposizione patrimoniale e contemporaneamente salvarli al rischio di default dell'euro. L'acquisto di oro fisico e il deposito in Svizzera, dunque, consentirebbero di "prendere due piccioni con… un lingotto". Non è un caso che gli acquisti di oro dalla Svizzera sono cominciati proprio nel periodo in cui in Italia si cominciava a discutere di patrimoniale. Inoltre, l'oro ha il vantaggio di essere come un investimento in valuta, negoziabile, alla bisogna, in qualsiasi parte del mondo. E il rischio di un calo delle quotazioni può essere compensato dal cambio.
C'è un problema, però. Da tempo in tutto il Ticino sono ormai esaurite le cassette di sicurezza e dunque l'oro fisico acquistato attraverso la banca (si vocifera che a Lugano, per forza di cose, la più attiva sia Ubs) non viene ritirato e resta in deposito presso l'istituto di credito che lo inserisce nel conto patrimoniale del cliente. Se il conto è cifrato, l'oro è protetto da eventuali interventi fiscali da parte italiana, come se fosse in una cassetta di sicurezza.
Ciò da cui non è protetto, però, è l'eventuale fallimento della banca. In questo caso, il fondo svizzero di garanzia sui depositi – abbiamo verificato con loro – non garantisce il deposito in oro in quanto, sostiene, è un bene fisico e si garantisce da solo. Ma in caso di fallimento della banca, il recupero dei depositi auriferi da parte del cliente non è così pacifico e lineare. Quale commissario liquidatore si libererebbe così facilmente di giacenze in oro? Non solo. Poichè come si diceva questi depositi in metallo prezioso non vengono ritirati, c'è il forte sospetto che le banche facciano un po' di leva. Quanta non si sa, ma cosa accadrebbe se lo scenario apocalittico che tutti temono si materializzasse e contemporaneamente tutti i clienti si recassero nelle banche a ritirare i loro lingotti? Forse è meglio non pensarci, anche perché in quel caso, come rilevava due giorni orsono uno dei broker ticinesi più importanti, "se si torna al baratto, dell'oro non te ne fai proprio nulla". A differenza dell'argento, infatti, l'oro non ha alcun uso industriale, esclusa ovviamente la gioelleria. (Sui rischi del deposito in oro leggi l'aggiornamento)
Quindi, meglio essere prudenti. Non solo con i lingotti ma anche e soprattutto con i prodotti finanziari "sintetici" sull'oro. E' il caso degli Etf in oro. Molti non sono garantiti da un deposito sottostante, ma si limitano a replicare un indice. Il rischio è che il risparmiatore sia convinto di acquistare oro fisico mentre non è così. Questo mercato non ha fatto altro che alimentare le quotazioni dell'oro, legittimando ancora di più il sospetto che non ci sia corrispondenza reale tra le quantità nominali di oro nel mondo e quelle effettivamente disponibili. Una bolla che prima o poi – temono i gestori patrimoniali – rischia di scoppiare.