Il dibattito preventivo sui conflitti di interesse del neoministro Corrado Passera mi sembra tirato per i capelli. Un modo per evocare a tutti i costi quei "poteri forti" tirati in ballo tutte le volte che si preferisce lasciare nel vago le accuse o scaricare responsabilità. Ammesso che in Italia ci siano davvero, come ha osservato il premier Monti venerdì alla Camera.
Nel caso specifico, non ricordo nessuno, neanche tra gli azionisti di Intesa, che si sia indignato nel 2002, quando Passera – che aveva appena lanciato Bancoposta - lasciò la guida di Poste Italiane per diventare amministratore delegato di una delle principali banche del Paese. Alle Poste aveva difeso il monopolio sulla corrispondenza e aveva sfidato le banche sui servizi finanziari, forte di una rete di ben 14mila uffici postali. Seguendo i ragionamenti che ho letto e sentito in questi giorni, una volta passato in Banca Intesa il manager avrebbe dovuto lavorare per favorire la sua ex azienda, lasciando spazio agli ex colleghi di Bancoposta.
Al di là di queste considerazioni, qualsiasi ministro tecnico collocato in quella posizione si porterebbe dietro potenziali conflitti di interesse. Penso al professore universitario che è anche consulente aziendale, o all'imprenditore… Ma è niente al confronto con un ministro come Scajola che si fa comprare la casa-vista-Colosseo a sua insaputa da chi in cambio chiedeva appalti. Per non parlare di Paolo Romani che dopo aver difeso per anni come parlamentare le televisioni di Silvio Berlusconi, assume, nonostante l'opposizione di Napolitano, l'incarico di ministro dello Sviluppo che è competente sulle tv.
Veniamo da 17 anni (e non è ancora finita) di un conflitto di interessi così macroscopico e diffuso che sollevare la questione per le stock option Isp dell'ex banchiere è come guardare il dito anziché la Luna. Cito solo un esempio, uno di quelli passati più inosservati tra la stanchezza e l'assuefazione generali: la legge 73 del 2010 che permette di estinguere le controversie con il fisco pagando solo il 5% delle somme contestate, esclusi interessi, sanzioni e indennnità di mora. Beneficiario? La Mondadori, che ha chiuso con appena 8,6 milioni un contenzioso di 350 milioni.
E' vero, come ha scritto sul Corriere Massimo Mucchetti che chi si è scottato ha paura anche dell'acqua tiepida. Ma è una buona ragione per fare il bagno nell'acqua gelida?
Questo non significa che, a cominciare da Monti, non si debba vigilare su alcune situazioni, da Ntv a Telecom, da Alitalia (speriamo non diventi un'altra eredità pesante del vecchio governo) alla Banca d'Italia, facendo attenzione che si decida comunque nell'interesse generale del Paese.
Passera dovrà fare tutto ciò che è possibile per evitare di trovarsi in situazioni in cui i suoi interessi, legati all'attività precedente, divergono da quelli generali. E se anche ciò dovesse accadere, come è possibile, la scelta deve essere scontata. Meglio comunque evitare di arrivare a questo punto, magari conferendo ad un blind trust tutte le azioni Intesa Sanpaolo che il mananger ha in portafoglio: la soluzione più semplice che l'ex presidente del Consiglio Berlusconi non ha mai voluto neppure discutere.
Infine è bene ricordare che al posto di Passera in Banca Intesa non andrà suo fratello o i suoi figli, ai quali in ogni caso non fa capo il controllo dell'istituto di credito.