Solo un ritocco del nome per il piano Eurosud di Tremonti?

Un programma straordinario per lo sviluppo del Mezzogiorno, che si chiamerà Eurosud e che prevede una revisione strategica dell'uso dei fondi strutturali europei: è quanto ha presentato il ministro dell'economia Giulio Tremonti al presidente della Commissione Ue Josè Barroso, nel colloquio telefonico di oggi. Questo ha scritto l’Ansa sabato pomeriggio, mentre i leader europei a Bruxelles annaspavano alla ricerca di un accordo sul fondo salvastati. Tremonti, secondo quanto ha riferito il suo portavoce – scriveva sempre lAnsa – ha chiesto a Barroso che l'idea del piano per il Sud venga inserita nel paragrafo del documento conclusivo del vertice dei leader Ue di domenica. Eurosud, prevede una «radicale revisione strategica dell'uso dei fondi anche con una regia rafforzata sia per interventi di lungo periodo che per quelli con effetti immediati e rapidi». Al Sud, ha spiegato Tremonti a Barroso, «non c'è sviluppo ma ci sono fondi strutturali comunitari per cui non servono risorse aggiuntive».

Fin qui la notizia dell’agenzia.

Tremonti non da oggi si è convertito all'europeismo, anche se di questi tempi l'etichetta "euro- " non suona certo come garanzia di successo. Ma questo è un dettaglio. Ciò che interessa è capire se un piano così ambizioso può essere annunciato e liquidato con una telefonata tra ministro e presidente Ue. Qualche sospetto è legittimo. Torna alla mente l’ormai dimenticato Piano per il Sud, di cui si parlò in lungo e in largo nel 2010 e fino ai primi mesi del 2011 ma che il commissario Ue alle politiche regionali, Johannes Hahn, in una lettera inviata a metà maggio scorso a tre ministri italiani (lo stesso Tremonti, Fitto e Frattini) aveva sostanzialmente liquidato come "fuffa" perché non prevedeva alcuna risorsa aggiuntiva per il Mezzogiorno. «Quello che spesso manca all'Italia non sono tanto i piani o le strategie ma piuttosto la capacità di attuarli rapidamente» scriveva allora il commissario europeo. La prova è che di quel piano non si parla più, anche quando qualche provvedimento come il credito d’imposta per le assunzioni finanziato con i fondi strutturali europei è stato autorizzato pochi giorni fa da Bruxelles (e che in ogni caso passerà del tempo prima che la misura diventi operativa). Del credito d’imposta per la ricerca non si è più saputo nulla. Negli uffici della Commissione circola voce che il Governo abbia rinunciato.

 Per fugare il dubbio, legittimo, che anche questa volta Tremonti stia solo cercando il solito e consunto effetto annuncio a beneficio dei titoli dei giornali (unico "effetto rapido e immediato"), il ministro dovrebbe spiegare nel dettaglio cosa c’è nel «programma straordinario», al di là del cambio del nome. E soprattutto dovrebbe dimostrare che il Governo di cui fa parte è in grado di realizzarlo.

Anche perché è vero che per il Sud ci sono fondi europei a disposizione, ma il ministro sa bene che per spenderli è necessario che il Paese beneficiario contribuisca con un cofinanziamento della stessa entità. Il Paese è in grado di mobilitare queste risorse? La risposta è scontata. A meno che Tremonti quando parla di «radicale revisione strategica dell’uso dei fondi» non intenda una modifica di questa regola. L’ipotesi è circolata a Bruxelles mentre era in discussione il programma di spesa 2014-2021, ma poi è stata accantonata. Se questo fosse l'obiettivo di Tremonti, addio «effetti immediati e rapidi» evocati nella telefonata.