La politica dei tagli lineari applicata alla sanità calabrese sta mettendo a rischio l’esistenza di una delle poche eccellenze che faticosamente sono cresciute negli ultimi anni, non solo in Calabria ma in tutto il Mezzogiorno. Parlo del Polo oncologico del Policlinico universitario Mater Domini di Catanzaro. Affidato alla guida di Pierosandro Tagliaferri, un napoletano emigrato in Calabria, e di Pierfrancesco Tassone, uno studioso calabrese cresciuto all’università della Magna Grecia e specializzato negli Stati Uniti, il Polo oncologico è diventato in pochi anni un punto di riferimento per i pazienti non solo calabresi ma anche di altre regioni del Sud.
Le ragioni che hanno determinato questo risultato sono tante, ma la principale è che al Polo oncologico si fa ricerca scientifica, in collegamento con altre università e centri di ricerca in particolare negli Stati Uniti grazie ai contatti e ai legami creati e coltivati negli anni da Tassone e Tagliaferri. Oggi a Catanzaro i pazienti oncologici sono curati con terapie personalizzate e perciò più efficaci delle cure standardizzate a cui – per forza di cose – sarebbero sottoposti nelle strutture ben più conosciute e consolidate delle regioni del Centro-Nord. Questo per ammissione di un esperto di un prestigioso istituto lombardo a cui – spinto, lo riconosco, da un po’ di scetticismo sull’affidabilità del Polo oncologico di Catanzaro – mi sono rivolto per un consulto su una vicenda personale.
I titoli conquistati sul campo da questa struttura si traducono in riconoscimenti e accordi, come il progetto di ricerca di oncologia molecolare chimica scelto dall’Airc, insieme ad altri quattro, per finanziarlo con i fondi del 5 per mille. O l’accordo appena siglato con il Cancer center dell’università delle Hawai. O, ancora, le numerose pubblicazioni scientifiche degli studiosi e dei ricercatori che lavorano all’università della Magna Grecia. Oggi tutto questo è a rischio, insieme alle professionalità paramediche che in questo polo sono cresciute negli anni (circa 250 persone in tutto) per l’incapacità della politica di scegliere. Scegliere tra lo sviluppo di una realtà di alto livello (che ha migliorato le prospettive di vita di molti calabresi malati di tumore, evitando faticosi viaggi della speranza, costosi sia per le famiglie che per le dissestate casse regionali) e la sopravvivenza di troppi ospedali “di campagna” che le politiche dissennate degli anni scorsi hanno disseminato tra il Pollino e lo Stretto per rispondere più a logiche clientelari e di campanile che a reali esigenze del territorio.
Al tavolo Massicci, che a Roma deve tirare le fila del risanamento della spesa sanitaria nelle regioni in rosso, queste considerazioni interessano poco. Chiedono che i conti “sotto la linea” siano a posto. Tocca ai politici della regione scegliere e decidere dove chiudere e cosa sviluppare, con il metodo della spending review, senza localismi o calcoli di elettorato. Solo per il bene comune.
Il presidente Scopelliti (di cui nei giorni scorsi abbiamo letto sui giornali la lauta retribuzione mensile) in qualità di commissario della sanità è il primo a dover rispondere di questa scelta. Con coraggio dovrà decidere su un nodo che da troppo tempo resta senza soluzione e cioè sul carattere privatistico della Fondazione Tommaso Campanella, fondata solo cinque anni fa da due enti pubblici, Regione e Università, in attesa di essere trasformata in IRCCS (Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico). Il tempo sta per scadere, forse è già scaduto.
Se Scopelliti non deciderà nel giro di qualche settimana, c’è il rischio concreto che la Fondazione chiuda i battenti a fine settembre. E con essa il Polo oncologico. La soluzione non è semplice perché il piano di rientro della spesa sanitaria che si sta lentamente mettendo a punto blocca il turn over del personale pubblico e trasformare in dipendenti pubblici i medici e il personale paramedico del Polo oncologico oggi dipendenti di una struttura privata non è possibile. A meno che – pare di capire – non si abbia il coraggio di tagliare la spesa non in modo lineare ma con interventi di precisione, incidendo sulle strutture la cui efficienza ed efficacia per la salute dei cittadini non giustificano i costi. E questo non è il caso del Polo oncologico. Coraggio, Scopelliti.