Martedì mattina, alle 9 comincia a Strasburgo la votazione per l’elezione del nuovo presidente del Parlamento europeo che dovrà sostituire il tedesco Martin Schulz. La corsa, salvo sorprese che potranno arrivare non più tardi di martedì sera, prima dell’ultimo dei tre tentativi a maggioranza assoluta, al momento sembra limitata ai due italiani candidati dai due principali partiti, i Popolari e i Socialisti, Antonio Tajani e Gianni Pittella. Dopo la gaffe del tentato accordo con il Movimento 5 Stelle, infatti sembra tagliato fuori il presidente dei Liberali (Alde), Guy Verhofstadt. Ma – fanno notare alcuni suoi colleghi di partito – l’ex premier belga è uno grado di cadere e di rialzarsi.
Con la premessa che il voto è a scrutinio segreto, sulla carta Tajani parte in vantaggio, forte dei 217 seggi occupati dal sul partito, il Ppe, contro i 189 dei Socialisti. La corsa diventerebbe un testa a testa se verso Pittella confluissero i voti della Sinistra (52) e dei Verdi (51) e verso Tajani i 74 voti dei Conservatori: 292 a 291. Ma per vincere nei primi tre scrutini, di voti ne servono almeno 376. Arrivare al quarto tentativo, per di più con il rischio che all’ultimo momento dagli incessanti negoziati tra i gruppi spunti un nome a sorpresa, è un azzardo per entrambi i candidati. Decisive perciò saranno le alleanze che in queste ore si stanno formando. C’è molta attenzione su ciò che faranno gli altri gruppi più numerosi, in particolare i Liberali (68). Qui trovate tutte le composizioni dei gruppi, per paese e famiglia politica.
Falliti i primi tre tentativi, il quarto è un voto secco. Se nessuno risulta eletto alla terza votazione, i due candidati più votati si sfidano in una quarta votazione in cui il vincitore è scelto dalla maggioranza semplice. In caso di pareggio, risulterà vincitore il candidato più anziano. Il meccanismo di voti gli altri aspetti dell’elezione del presidente del Pe (vicepresidenti e questori) sono descritti sul sito del Parlamento.
Chiunque vincerà la corsa, avrà una eredità abbastanza ingombrante da gestire. A Schulz, infatti, che avrebbe voluto il terzo mandato, viene riconosciuto anche dagli avversari di aver lavorato con sucesso per dare, nei sui cinque anni di presidenza, un ruolo molto più incisivo all’Europarlamento negli equilibri delle istituzioni comunitarie.