“In teoria il programma di salvataggio della Grecia non c’è più, è scaduto a mezzanotte del 30 giugno scorso insieme al termine per rimborsare una tranche al Fondo monetario internazionale”. Toccherebbe quindi al Governo Tsipras – forte del risultato inaspettato (nelle proporzioni) del referendum – fare il primo passo e “chiedere di nuovo aiuto, convincendo i partner dell’Eurozona che il Paese merita il loro sostegno. Ma dopo le parole grosse volate nei giorni scorsi sarà difficile”. Questo è quello che si dice tra i negoziatori della Troika, a Bruxelles.
Ma quanto è sostenibile una posizione di chiusura negoziale così rigida da parte dell’Europa e del Fondo monetario? “Per nulla” replicano i non-allineati alla propaganda dell’ortodossia teutonica. ” Da quella proposta pubblicata a fine giugno bisognerà ripartire”. E probabilmente arrivare ad una sostanziale riduzione del debito greco.
“Le istituzioni comunitarie non sono state in grado di dotarsi delle regole necessarie per gestire una situazione come quella in cui si è cacciata la Grecia, il default di un paese membro. Servirebbe una ‘procedura fallimentare’ per gli Stati, per la gestione ordinata del default. Invece questo vuoto non è stato colmato nonostante l’evidente necessità di farlo. E il referendum greco ha messo a nudo una falla gigantesca: ora può essere l’occasione per riparare il danno ed evitare che casi del genere si ripetano in futuro, oppure il burrone in cui il processo di integrazione europeo può franare definitivamente.