Le argomentazioni molto nette e a tratti sferzanti dell’Avvocato generale della Corte Ue sulla prescrizione dei reati in Italia si accompagnano a una serie di reazioni che filtrano dalle ovattate stanze delle istituzioni giuridiche comunitarie. Reazioni che creano imbarazzo per un Paese che, con merito, fa vanto della propria cultura giuridica.
Vista da Lussemburgo, infatti, la strada su cui è stata spinta la Corte Costituzionale italiana nella vicenda Taricco è scivolosa e rischia di provocare un danno reputazionale perché consolida agli occhi degli stranieri il pregiudizio che spesso associa l’Italia a una diffusa propensione a sfuggire alle regole.
Nel caso, molto probabile, in cui la Corte Ue confermasse le conclusioni dell’Avvocato generale, sarebbe grave se la Consulta dovesse insistere nell’orientamento che già trapelava nell’ordinanza di rinvio a Lussemburgo n. 24 di quest’anno, e cioè “la possibilità di utilizzo dei cosiddetti controlimiti, soluzione dirompente, che sterilizzerebbe però la portata delle pronunce Ue” come ha scritto Giovanni Negri sul Sole 24 Ore del 19 giugno.
Il testo delle conclusioni dell’Avvocato generale Yves Bot sulla richiesta della Corte Costituzionale italiana di pronunciarsi sull’applicazione della legge nazionale in materia di reati per gravi frodi a danno degli interessi finanziari dell’Unione.