Si è aperta la caccia alla poltrona del presidente del Consiglio europeo, oggi occupata dall’ex premier polacco, Donald Tusk, scaricato ufficialmente da Jaroslaw Kaczynski, il leader del Pis (il partito populista al governo a Varsavia con la premier Beata Szydlo). Kaczynski è tornato alla carica e ha confermato che, quando a maggio dovrà essere rinnovato il presidente del Consiglio europeo, Tusk non avrà l’appoggio della Polonia perché “sta violando le regole fondamentali dell’Ue” ed in particolare “quella della neutralità sui problemi interni degli Stati membri”. Il riferimento è allo scontro fra Varsavia e Bruxelles sulle riforme introdotte dal Pis e considerate in violazione delle regole dello Stato di diritto. Ma in sottofondo c’è l’accusa a Tusk di corresponsabilità nell’incidente aereo del 10 aprile 2010 a Smolensk, il volo di Stato in cui morirono 96 persone tra cui il fratello di Jarioslaw, l’allora presidente Lech.
A stretto giro ha replicato il Partito popolare europeo che si è mosso in blocco per fare scudo intorno a Tusk e mettere fuori discussione la sua riconferma per altri due anni e mezzo al vertice dell’istituzione europea che sempre di più negli ultimi anni ha assunto un ruolo centrale nei meccanismi decisionali comunitari. Il presidente del Ppe, il francese Joseph Daul, ha annunciato su Twitter che tutto il partito è concorde nel sostenere Tusk, in vista del Consiglio europeo del 9 e 10 marzo che dovrebbe discutere la questione. Il portavoce del Ppe, Siegfried Mureşan, ha poi precisato che Daul “stava parlando per conto dell’intero Ppe, inclusi tutti i capi di Stato e di governo” espressi dal partito. Come dire che Tusk ha prima di tutto il sostegno pesante di Angela Merkel.
Tutto ciò serve a spiegare anche i rumors delle scorse settimane sulle presunte e imminenti dimissioni di Jean-Claude Juncker, peraltro smentite dalla Commissione. “Tutto inventato” ha spiegato una fonte. “Nulla di vero” ha fatto eco un’altra. Ma c’è chi a Bruxelles dà un’altra lettura dei rumors: Juncker sa che 4 popolari (o quasi) presidenti di 4 maggiori istituzioni europee non sono sostenibili. Tusk ha la copertura della Merkel, Tajani è stato appena eletto. Lenaerts alla Corte di Giustizia è inamovibile per altri 5 anni.
Juncker dunque è diventato il vaso di coccio (insieme al suo capo di gabinetto Selmayr di cui molti si vogliono vendicare, Francia in testa prima della fine di Hollande). Quindi fa girare l’ipotesi delle dimissioni con l’obiettivo di stanare i governi e farsi dire che no, non deve andarsene perché serve alla guida della Commissione.
“Ma questo non è accaduto. Anzi i Popolari fanno quadrato intorno a Tusk. Difficile però che possano pensare di mantenere tutte le posizioni attuali. Qualcosa dovranno cedere e Juncker si sente in bilico. Il possibile sostituto? Il primo vicepresidente, il socialista olandese Frans Timmermans” osserva un protagonista delle vicende comunitarie che di solito non sbaglia. Inoltre La nomina del presidente del Consiglio europeo è l’unica che si vota a maggioranza qualificata. Quindi il presunto “veto” polacco non conta nulla mentre i socialisti hanno i numeri per far fuori Juncker.