Lo tsunami del voto britannico del 23 giugno non cambierà nella forma l’ordine del giorno del consiglio europeo che si riunisce domani e dopodomani, almeno nella parte che riguarda la nuova strategia di difesa dell’Unione europea messa a punto da Federica Mogherini, l’alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza, in un anno di lavoro dopo il mandato ricevuto dai capi di stato e di governo. Gli attentati di Parigi dello scorso anno e le minacce dirette e indirette rappresentate dai conflitti esterni hanno messo in primo piano l’esigenza di difesa e sicurezza comuni per l’Unione.
L’obiettivo è noto: individuare e definire un percorso progressivo ma ragionevolmente rapido per mettere progressivamente a fattor comune le forze di sicurezza interna ed esterna degli stati membri allo scopo di superare la frammentazione delle forze armate e dei servizi di sicurezza migliorandone l’efficienza e riducendo in modo significativo i costi complessivi. Un processo che richiederà decisioni non facili in termini di cessione di sovranità ma anche di politica industriale. Il documento è pronto ed è stato già veicolato in bozza nelle capitali ma è ovvio che ora dovrà essere rivisto: bisognerà rifare i conti senza il Regno Unito, cioè senza uno dei partner più importanti o forse il più importante in termini militari e di servizi di sicurezza.
Nel mutato scenario europeo è plausibile che nella difesa un ruolo di primo piano venga affidato alla Francia rimasto l’unico stato membro che siede nel Consiglio di sicurezza dell’Onu e l’unico che ha “la” bomba, dunque la principale forza militare nazionale. Posto che nei nuovi equilibri che l’Unione dovrà darsi la Germania manterrà il pallino della governance economica, gli interrogativi sono due: François Hollande è in condizione di assumersi questa responsabilità anche nei confronti dei suoi elettori e nonostante le pressioni del Front National ? E l’Italia che ruolo può provare a giocare anche nella difesa? Mediterraneo? Libia? Che ruolo le lasceranno Parigi e Berlino? I prossimi mesi, o forse solo settimane, saranno decisivi. Per la Ue e per l’Italia nella Ue