La richiesta di otto paesi dell’Est Europa di prorogare di un anno, a fine 2016, il termine ultimo per spendere i fondi europei 2007-2013 (si veda il Sole 24 ore del 17 dicembre) non è stata accolta dal Consiglio europeo. Oltre alla netta contrarietà della Commissione, in Consiglio la “fiacca offensiva” della Repubblica ceca e della Slovacchia si è scontrata con la “resistenza durissima” della Germania.
Anche il governo italiano non era favorevole, in particolare il sottosegretario Graziano Delrio, responsabile dei fondi Ue, per non dare alle regioni in ritardo ulteriori motivi per prendersela comoda (l’Italia deve spendere circa 14 miliardi, tra quota Ue e cofinanziamento nazionale).
Nelle conclusioni del Consiglio, dunque, è scritto che “la Commissione lavorerà a stretto contatto con gli Stati membri interessati per trovare soluzioni al fine di ottimizzare l’uso degli impegni di cui al periodo del QFP 2007-2013 e riconosce che, negli anni a venire, è auspicabile realizzare progetti a lungo termine avvalendosi della flessibilità delle norme vigenti”. Decriptato: i regolamenti dei fondi non saranno modificati e quindi neanche la data del 2015 fissata in quei regolamenti.
Scaduto il termine, scatta il disimpegno automatico. E questo checché ne dica l’altro sottosegretario alla presidenza, Sandro Gozi, che ieri sera invece aveva rilasciato confuse dichiarazioni alle agenzie, parlando di un “passo avanti” in termini di flessibilità nell’uso dei fondi strutturali. Dichiarazioni da cui emerge perlomeno una scarsa conoscenza della materia, aggravata dal superficiale e goffo tentativo di raccattare consenso a buon mercato. E ciò non è affatto rassicurante, dal momento che Gozi ha la delega agli Affari europei…