Gli interventi della Bce per attenuare la morsa del credit crunch sono riusciti per ora a stabilizzare i mercati allontanando le preoccupazioni sul debito sovrano, ma poco hanno potuto sull'economia reale. Non sono riusciti, cioè, a riaprire i rubinetti del credito alle imprese.
L'ultimo rapporto mensile dell'Abi (Scarica Bollettino Abi settembre 2012.st) mette sotto gli occhi di tutti cifre gelide (si veda il Sole 24 Ore di oggi). Nella sintesi del documento vi segnalo in particolare la tabella 4 di pagina 22 da cui emerge che a settembre il differenziale tra il tasso medio dei prestiti alle imprese e il tasso di riferimento Bce è aumentato di oltre 40 punti base rispetto ad agosto, salendo a 300 punti base. E ancora più sconcertante è lo spread rispetto all'Euribor e all'Irs utilizzati per i mutui alle famiglie. Un anno fa lo spread bancario era intorno a 190 punti base.
Le ragioni sono tante, ma il "rischio paese" resta quella principale e si traduce in rendimenti elevati per i titoli di stato che condizionano le decisioni delle banche sia sul fronte degli impieghi che sul fronte della raccolta. La tabella 2 di pag. 19 offre il confronto con BTp, BoT e CcT. Se un un Btp offre un rendimento di oltre il 4,7% (media settembre) gli istituti di credito devono offrire tassi comparabili agli investitori e allo stesso tempo a quei rendimenti fanno riferimento quando valutano la convenienza di un prestito ad un'impresa. Si spiega così perché i prestiti alle imprese hanno toccato il punto più basso degli ultimi anni.
A pag. 26, invece, c'è il confronto disarmante con la zona euro: in Italia imprese e famiglie pagano oltre 60 centesimi in più rispetto alla media.
Banche molto più selettive ed esigenti, dunque, anche perché le sofferenze nette nell'ultimo anno sono cresciute al ritmo di quasi un miliardo al mese (tab. 7 a pag. 24).