Il meccanismo perverso che lega il costo del debito sovrano al credito alle imprese è noto: il rendimento eccessivo dei titoli di Stato italiani, punto di riferimento per il sistema finanziario nazionale, impone alle banche un costo della raccolta più elevato che inevitabilmente viene scaricato sui tassi di interesse praticati a imprese e famiglie. Un meccanismo analogo colpisce le emissioni obbligazionarie delle aziende più grandi che, come le altre, soffrono uno svantaggio competitivo sempre più ampio rispetto ai competitor tedeschi e non solo. Ne derivano non solo una riduzione degli investimenti da parte delle imprese e un calo della loro redditività, ma anche una riduzione dei consumi interni e dunque della crescita. Così il circolo vizioso si chiude: il rapporto debito-Pil non si riduce, le manovre di risanamento perdono efficacia e diventano sempre più impopolari oltre che insostenibili. I Governi dell’eurozona, possibilmente con il contributo di un esecutivo europeo da tempo ridotto al ruolo di peso piuma, diano finalmente concretezza ad uno strumento che sterilizzi gli effetti distorsivi dello spread tra i rendimenti dei titoli di Stato su bilanci pubblici ed economia reale.
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