Qualche timido segnale positivo per l’economia italiana comincia, faticosamente, a farsi strada. Dopo un terzo trimestre su cui sentiremo ancora gli effetti del blocco produttivo in Emilia per il terremoto, nell’ultima parte dell’anno si comincerà a vedere l’uscita dal tunnel. Anche grazie «alla maggiore consapevolezza diffusa in Europa sulla gravità della crisi, complice il rallentamento dell’economia tedesca, che fa presagire soluzioni più coordinate e rapide di interventi a supporto del funzionamento del mercato del credito». L’analisi è dell’ultimo osservatorio congiunturale del Gei, l’associazione degli economisti delle imprese industriali, bancarie e di servizi che hanno una percezione diretta dell’andamento dell’economia. Archiviato un secondo trimestre che chiuderà con un’ulteriore calo del Pil stimato in un punto percentuale (l’Istat pubblicherà la stima preliminare il 7 agosto), secondo il Gei «sembra già avviata una fase di stabilizzazione del ciclo economico, grazie ai settori di punta della nostra economia più orientati ai mercati internazionali».
Un recupero, quello di primavera-estate, «testimoniato anche dall’andamento della domanda di energia elettrica che ha ritrovato slancio a maggio e giugno, anche se rimane sotto i livelli pre-crisi». Segnali di risveglio, anche se non ancora di svolta, che si aggiungono ad un altro indicatore importante, la domanda di credito delle imprese al sistema bancario. Secondo il Barometro Crif elaborato sulla base dei dati di 8 milioni di posizioni creditizie di clienti business, a giugno il numero delle domande di credito delle imprese italiane è aumentato del 12% rispetto allo stesso mese del 2011, consolidando la tendenza registrata da marzo in avanti. Altrettanto incoraggiante è il dato aggregato riferito a tutto il primo semestre che mostra una crescita del 4,7%, in deciso miglioramento rispetto allo stesso periodo 2011. «E’ una dinamica fortemente condizionata dalla congiuntura economica ancora negativa – spiega Enrico Lodi, Direttore Generale Credit Bureau Services di CRIF – ma le imprese sembrano voler reagire con vigore, continuando a rivolgersi agli istituti di credito per raccogliere le risorse necessarie a finanziare l’attività e superare definitivamente la crisi».
Le maggiori difficoltà, secondo Crif, «sembrano concentrate soprattutto nei settori meno in grado di sostenere la competizione internazionale», in particolare quella proveniente dai paesi emergenti «su prodotti a basso costo e a ridotto valore aggiunto». In questo l’analisi del Crif è coerente con le valutazioni degli economisti d’impresa. Soffrono, inoltre, anche le «imprese più fragili per dimensioni e per capitalizzazione, con scarse risorse proprie». La maggiore richiesta di credito, tuttavia, «s’incrocia con la sostanziale cautela» delle banche , condizionate dai «vincoli e dai costi del funding, dai requisiti di capitale più stringenti e dalla rischiosità dei portafogli». Una «maggiore selettività» degli impieghi è stata «inevitabile». L’altro segnale di vitalità della domanda di credito è il «significativo spostamento» verso importi più elevati. Nel primo semestre l’importo medio è stato di 45.170 euro contro i 38.900 dello stesso periodo 2011.
L’analisi degli economisti sui singoli settori conferma le indicazioni emerse nelle inchieste sul territorio o dalle assemblee associative delle categorie produttive pubblicate nelle scorse settimane dal Sole 24 Ore. Ha il pregio di dare un quadro d’insieme e formulare le previsioni per fine anno. «Chi esporta – affermano gli economisti del Gei – guadagna terreno all’estero, conquistando nuovi mercati lontani e in forte crescita e consolidando le proprie posizioni sui tradizionali mercati di esportazione, al punto di riuscire a più che compensare il crollo della domanda sul mercato interno. E’ questo il caso, per esempio, delle macchine utensili che beneficiano di un traino asiatico fortissimo e di una rinascita del mercato statunitense». Si sono stabilizzate le prospettive della chimica che «comunque continua a soffrire dell’andamento cedente di alcuni settori a valle, come mobili e costruzioni». «Fortissime», invece, restano le difficoltà di tutti i settori molto orientati al mercato domestico, «in particolare tutta la filiera dell’edilizia». Così come permane il clima di difficoltà nel settore automotive, ancora più «evidente per i produttori di pneumatici»: pesa «la netta diminuzione del reddito disponibile delle famiglie». Per il 2012 si prevede un calo del Pil del 2,1% che, alla luce dell’andamento del primo semestre, «equivale ad una ripresa nella seconda parte dell’anno». Dai rischi mette in guardia Alessandra Lanza, presidente del Gei: per riavviare gli investimenti «è necessario normalizzare al più presto il canale creditizio, pena l’impoverimento delle nostre produzioni sui mercati internazionali».
Sul Sole in edicola giovedì anche l'Analisi dei settori industriali che conferma sostanzialmente queste prospettive.