E' un sassolino, poco più di un granello di sabbia, il contributo di Stephanié Collet, storica della finanza dell'Università di Bruxelles, alla ricostruzione del contesto storico che un secolo e mezzo fa portò all'unità d'Italia. Ma è uno di quei lavori storiografici che può rappresentare un piccolo punto di svolta. Lo studio ormai è stranoto: l'articolo pubblicato sul sito del Sole sabato scorso è stato "consigliato" da quasi 10mila utenti Facebook ed è stato ritwittato centinaia di volte, così come sono centinaia i siti che lo hanno rilanciato o citato in qualche modo.
Collet è andata a cercare il precedente storico che più si avvicina agli Eurobond e lo ha individuato nell'unificazione del debito sovrano dei sette stati che costituirono il Regno d'Italia. Ha poi studiato il comportamento delle quotazioni dei bond quotati a Parigi e ad Anversa. La conclusione è che l'economia più forte allora era quella del Regno delle Due Sicilie, paragonabile alla Germania di oggi. Allora ad essere penalizzati furono proprio i bond "Neapolitanean" (per citare l'indicazione utilizzata ad Anversa) che in pochissimo tempo persero il vantaggio in termini di spread nei confronti degli altri sei gruppi di emissioni. Succederebbe oggi la stessa cosa ai Bund tedeschi? E' probabile. Anzi, forse proprio questo è l'obiettivo di chi vuole gli Eurobond, anche se nel 1861 i costi del debito si alzarano per tutti perché nessuno credeva che il processo unitario potesse essere portato a termine.
Chi volesse approfondire può leggere l'articolo integrale sul sito oppure quello pubblicato sul Sole di martedì 3 luglio con i grafici. Ciò che interessa qui – senza intenti polemici o revisionisti - è sottolineare l'importanza storica del lavoro della Collet che aggiunge un piccolo tassello alla storia d'Italia.