Da alcune settimane quasi non passa giorno senza qualche bordata al Governo e alla sua azione. Ci sono almeno però tre mosse di Monti, di cui forse non è stata colta, finora, la reale portata sull’attività di governo, che dimostrare come il lavoro del premier proceda con un disegno ben definito. E questo ad alcuni non piace affatto.
La più recente e la più visibile è stata la nomina di Enrico Bondi come consulente per la “spending review”. Oltre alle auto blu, riscaldamento nelle scuole e quant’altro, Bondi si occuperà del capitolo delle agevolazioni alle imprese, importantissimo in una fase in cui le poche risorse a disposizione per rilanciare investimenti e crescita devono essere spese con il massimo rendimento possibile. La decisione fu molto criticata ("il supertecnico per il governo dei tecnici") ma la conseguenza è il probabile ridimensionato di Corrado Passera che in qualità di ministro dello Sviluppo economico era il titolare degli interventi per le imprese, che ora passeranno al setaccio di Bondi. Una sorta di commissariamento, almeno su questo capitolo, di uno dei ministri più potenti e più in vista del governo dei tecnici, e forse anche quello più tentato dalla politica.
La seconda mossa di Monti è stata quella di sfilare al ministro degli Esteri, Giulio Terzi la competenza sulla direzione Affari europei. Non è dato sapere se sia stata una decisione presa al momento della scelta dei ministri e dunque contenuta nelle deleghe o se sia maturata dopo. Fatto sta che gli Affari europei in una fase cruciale della storia del processo comunitario sono curati direttamente da Enzo Moavero, ministro senza portafoglio delle Politiche comunitarie, che con Monti aveva già aveva lavorato a Bruxelles ai tempi della Commissione Prodi.
Questo comporta un controllo diretto del premier sulle posizioni italiane in sede europea che prima non c’era e dunque un cambio di marcia sostanziale nelle relazioni con gli altri partner e soprattutto con le istituzioni comunitarie. A volte anche scavalcando i consueti canali diplomatici.
I segnali di questo nuovo corso sono tanti: dal modo in cui sono state gestite la vicenda dell’Ici sugli immobili ecclesiastici e la vicenda Tirrenia, al recepimento della direttiva sui tempi di pagamento. Ma anche le posizioni in seno al Consiglio quando si è discusso di fiscal compact e delle misure per rilanciare la crescita o il tentativo di porsi in una posizione di mediazione tra Angela Merkel e la nuova amministrazione francese sembrano andare in questa direzione: curare gli interessi italiani ma con la consapevolezza che completare il processo di costruzione europea è comunque uno degli interessi principali del Paese. Banalizzando, la ricerca di un ruolo in seno all’Unione che si addica ad uno dei paesi fondatori. Niente a che vedere con la “politica del cucù” adottata nel recente passato.
La terza mossa di Monti è stata quella di promuovere Vittorio Grilli a viceministro dell’Economia, tenendo per sé il ruolo di ministro. Grilli, dunque, non è più nella posizione strategica di direttore generale (ruolo ancora vacante) che gli consentiva di controllare l’apparato di via XX Settembre ma non ha neppure la piena titolarità della politica economica. Ormai sembra chiaro: promoveatur ut amoveatur.
Tre ministeri chiave per l’economia e per le relazioni nell’Unione su cui il premier ha messo mano pesantemente, ad un anno (o forse meno) dalle elezioni politiche e soprattutto dall’elezione del successore di Giorgio Napolitano, indisponibile ad un altro mandato. Senza chance Silvio Berlusconi, sono tornati a circolare i nomi di Massimo D’Alema e Romano Prodi. Ma è evidente che è proprio il nome di Monti, in questo momento, quello su cui si potrebbero catalizzare i voti delle forze politiche con l’ampio consenso dell’opinione pubblica per il Colle. Perciò chi è interessato al Quirinale ha cominciato a lavorare nell’ombra, anche sulla stampa potenzialmente “amica”, con grande giubilo di quella di centrodestra a cui non sembra vero poter dire “quando c’era lui..”.
Forse Monti sta cominciando a diventare troppo scomodo. Ma con quello che sta accadendo in Europa, è da irresponsabili pensare di indebolirlo.