Meno di un anno fa, mentre gli azionisti di Mps erano alla ricerca di risorse per l'aumento di capitale e Alessandro Profumo veniva indicato quale candidato forte per la guida della banca, ho pubblicato due post che ricostruiscono le vicende del Monte, dalla Banca del Salento ad Antonveneta. Tredici anni segnati da errori, occasioni mancate e scelte dettate soprattutto dalla politica. Mi sembra opportuno riproporli oggi.
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Le prossime settimane saranno decisive per la banca Monte dei Paschi di Siena. Come è ovvio l’attenzione è tutta rivolta alle mosse della Fondazione e dei vertici della banca. La prima deve raccogliere le risorse per ridurre il debito contratto con 11 banche lo scorso anno per sottoscrivere l’aumento di capitale della banca. Non solo: deve decidere anche chi sarà il successore di Giuseppe Mussari. Alessandro Profumo, indicato dallo stesso Mussari, sembra ad un passo dalla nomina. La banca, poi, deve prendere una decisione sull’aumento di capitale da oltre 3 miliardi chiesto dall’Eba entro giugno. Tutte vicende di cui diamo conto ogni giorno sul Sole, di carta e online.
Ma nel guardare al futuro, è bene non dimenticare quanto è accaduto nel recente passato del Monte dei Paschi che va fiero di essere «più antica banca del mondo». Giusto per ricordare le tappe che l’hanno portata ad essere la terza banca italiana ma anche «una delle due banche, insieme alla tedesca Commerzbank, che, secondo l’autorità europea, hanno più probabilità di dover chiedere l’intervento dello Stato» come ha ricordato, con esagerazione, il Financial Times.
Sempre secondo FT, il Mps «rischia di diventare la terza vittima di Abn Amro» dopo Royal Bank of Scotland e Fortis. Ma questa vicenda è stata solo l’ultima, la più costosa, il colpo di grazia, a novembre 2007, quando il Monte dei Paschi guidato da Mussari “strappa” a suon di miliardi Antonveneta all’incredulo Santander (guidato in Italia da Ettore Gotti Tedeschi oggi allo Ior) che aveva appena preso la banca veneta dallo spezzatino di Abn Amro.
«Non ci fu nessuna valutazione economica. L’acquisizione fu fatta senza fairness opinion» racconta oggi un banchiere d’affari. Mussari paga Antonveneta 9 miliardi di euro, quasi 20 volte i ricavi, il doppio della media di mercato. Cifra che consente al Santander di realizzare nel giro di poche settimane una plusvalenza di 3,2 miliardi di euro, pari – ironia della sorte – più o meno all’aumento di capitale che oggi l’Eba chiede alla banca senese. A gennaio 2012 l’intero Monte dei Paschi, compresa Antonveneta, in Borsa vale meno della metà di quei nove miliardi.
Il titolo Mps crollò in Borsa. Per il mercato l’acquisizione era troppo costosa. E forse anche un tantino superficiale, visto che già qualche mese prima s’erano manifestate le prime chiare avvisaglie della tempesta che avrebbe travolto i mercati un anno dopo, fino al fallimento Lehman. L'operazione dava a Mps la possibilità di insediarsi nelle regioni del Nord, soprattutto nel Nord-Est, area ricca e presidiata da Lega e Centrodestra. Ma le poche voci critiche non ebbero molto spazio. Si disse, per giustificare il prezzo salatissimo del “biglietto”, che Antonveneta era l’ultimo treno che il Monte poteva prendere per fare il salto dimensionale e che bisognava battere un’offerta concorrente di Bnp.
Ma la realtà è che di treni a Siena ne avevano già persi parecchi e probabilmente migliori. Ed è ben magra consolazione sapere che anche altri istituti di credito italiani nei due anni precedenti hanno compiuto errori simili.